Spiegazioni modificate prese da “I libri della Natura – METEOROLOGIA”, edizione italiana a cura di Luca Mercalli
Foto a cura di Luca Leucci e Paolo Faggella
Nubi basse
Stratus / Nimbostratus
Il nome latino di questa nube significa “distesa orizzontale”, infatti la loro estensione orizzontale può essere notevole interessando contemporaneamente migliaia di chilometri quadrati. Essi formano bande di vario spessore: un velo nuvoloso o una fascia appiattita, prima semitrasparenti di poche decine di centimetri e poi dense ed opache fino a 500 m. Sono formati dal tranquillo sollevamento di una massa d’aria tiepida ed umida in atmosfera stabile fino al raggiungimento del punto di saturazione. Le correnti ascendenti che li generano sono di solito associate all’arrivo di un sistema frontale o ad un vento debole che incontra una catena montuosa. Gli strati costituiscono le formazioni nuvolose di più bassa quota, con livelli di condensazione posti al livello del mare o del suolo fino a 2000 m. Per certi versi anche le formazioni di nebbia possono essere classificati come strati in prossimità del suolo. Crea spesso la situazione di “nebbia alta”, sopra alla quale splende il sole. Bisogna stare spesso allerta a causa della visibilità ridotta che provoca questa nuvola. Possono inoltre generare pioviggine o deboli nevicate in caso di temperature intorno allo 0. In presenza di precipitazioni vengono denominate nembostrati (Nimbostratus).
Ecco come si presentavano gli Stratus la mattina del 6 agosto 2011, presso Moncalvo (AT).
Stratus in dissoluzione, molto simili a dei semplici cumuli, fotografati il 6 agosto 2011.
Un’infinita striscia orizzontale di Stratus fotografati dall’Isola d’Elba il 17 agosto 2011 (1° foto), nella seconda foto la linea si è disfatta e gli Stratus bassi avanzano veloci verso la costa.
Dei nembostrati sotto degli splendidi Altocumulus Ondulatus il 4 settembre 2011 ad Asti.
Strato orografico
Le nubi orografiche si formano quando un flusso d’aria calda ed umida, trasportato da una corrente dominante, si solleva per oltrepassare un rilievo o una catena montuosa, raggiungendo la temperatura di condensazione. Una delle nubi orografiche più frequenti è lo strato orografico che compare più frequentemente nelle regioni costiere, dove il tasso d’umidità dell’aria è elevato. L’estensione della nube dipende proprio dall’umidità della massa d’aria circostante, ma anche dalla quota e pendenza del rilievo e dall’intensità e direzione del vento rispetto alla montagna. La nube si può quindi formare alla base del versante montuoso sopravento, ricoprire la vetta e ridiscendere sull’altro versante. Di solito è necessario un dislivello di almeno 150 m perchè la nube si formi, ma i dislivelli possono essere ancora maggiori nelle zone dove l’aria è secca e pura. A differenza del semplice strato, lo strato orografico tende a rimanere stazionario. Il vento circola nella zona di condensazione rigenerando continuamente la nuvola quando l’aria sale e dissolvendola quando scende sull’opposto versante del rilievo. Queste nubi possono produrre nebbia e pioviggine o deboli nevicate in caso di temperature intorno allo 0.
Succede talvolta che il contenuto dell’umidità nei bassi strati dell’atmosfera non sia sufficiente affinchè il vapore acqueo si condensi al livello del suolo, ma a quote maggiori, dove la temperatura è più bassa, la condensazione diventa possibile. In questi casi la corrente ascendente può produrre nubi orografiche sospese a quote medie note come nubi lenticolari (Altocumulus Lenticularis).
In questa foto si può ammirare uno splendido strato orografico che, stazionario, avvolge le montagne dietro a Porto Azzurro nell’Isola d’Elba il pomeriggio del 15 agosto 2011.
Altocumulus Lenticularis (Nube media)
Sono delle nubi che se osservate alla luce del tramonto possono assumere degli aspetti davvero spettacolari, sono infatti uno dei soggetti più ammirati e fotografati dai meteorologici. Quando il vento incontra un massiccio montuoso ha tendenza a generare delle ondulazioni sul versante sottovento. Questo fenomeno detto effetto d’onda orografica, è generalmente invisibile, ma quando c’è sufficiente umidità in corrispondenza delle creste delle onde, gli altocumuli lenticolari si formano laddove il flusso si solleva e si dissolvono dove il flusso discende. A volte in presenza di alta umidità possono inspessirsi e provocare anche delle deboli precipitazioni. Dal momento che sono associati a forti correnti d’aria a quote medie, sono spesso un indice dell’arrivo del vento, il più delle volte sotto forma di foehn. Il movimento tipo “montagne russe”, del flusso dell’aria, reso visibile dalla formazione di queste nubi, può generare forti turbolenze. L’Altocumulus Lenticularis appare quasi ovunque e può formarsi anche su piccoli rilievi. In Italia è frequente a ridosso dell’arco alpino quando soffia il foehn da nord, oppure sul versante adriatico dell’Appennino con vento da ovest.
Nube lenticolare fotografata a Nuarsaz (AO), 1156m, la sera del 24 luglio 2011.
Altocumulus Lenticolaris fotografati dal Lago Lod (AO), il 29 luglio 2012.
Altocumulus Lenticolaris fotografato dal Lago Lod (AO), il 29 luglio 2012.
Altocumulus Lenticolaris fotografati dal Lago Lod (AO), il 29 luglio 2012.
Bandiere e cappucci
Una delle forme più spettacolari degli strati orografici sono le nubi a bandiera o a cappuccio. Esse si formano su un versante sottovento della montagna “abbracciandolo”. In Italia la zona migliore per la formazione di queste nubi è il Monte Cervino in Valle d’Aosta.
Nube a bandiera fotografata da La Magdeleine (AO) 1650m, nel luglio 2011.
Nubi medie
Altostratus ed Altostratus Ondulatus
E’ una nube orizzontale e può formare sia un bianco velo traslucido che lascia intravedere il sole, sia un manto grigio, denso ed uniforme. Quando questo tipo di nubi copre tutto il cielo e non è facile capire se si tratta di formazioni di bassa o media quota. Indica sempre la presenza di una fascia d’aria ad elevato contenuto d’umidità. L’altostrato si forma per il sollevamento e la conseguente condensazione di una vasta massa d’aria in corrispondenza dell’arrivo di un fronte, che porta allo sviluppo di uno strato nuvoloso esteso per migliaia di chilometri quadrati. Quando è sufficientemente spesso può provocare precipitazioni diffuse. Una spessa cortina di altostrati può porre problemi agli aerei: se la temperatura è inferiore al punto di congelamento dell’acqua si può formare del ghiaccio sulle ali del veivolo.
L’Altocumulus Ondulatus si sviluppa in genere in una sottile fascia di altostrati. Il suo aspetto singolare è dovuto al movimento ondulatorio in atto nella massa d’aria. Questo movimento viene prodotto da una discontinuità del vento in quota (fenomeno noto anche con il nome di wind shear) che ha luogo allorchè un flusso d’aria scorre su un’altra corrente con una velocità o con una direzione diversa. Al contatto tra le due ideali superfici atmosferiche si formano così dei vortici dove si localizzano ondulazioni del flusso d’aria. A seconda della velocità del vento, la formazione nuvolosa può svilupparsi in onde abbastanza regolari unite da sottili connessioni alla base oppure del tutto separate da cielo sereno. L’Ondulatus a differenza dell’Altostratus normale non provoca precipitazioni.
Gruppo di altostratus (neri) su letto di cirrus (bianchi), fotografati a Vercelli, il 31 luglio 2011.
Altostrati infuocati dalle luci del crepuscolo il 7 settembre 2011 ad Asti.
Altostratus Ondulatus illuminati dalle luci del tramonto la sera del 25 settembre 2010 ad Asti.
Altocumulus ed Altocumulus Ondulatus
Gli altocumuli sono una di quelle nuvole che se osservate all’alba o al tramonto possono creare formazioni luminose e spettacolari. A differenza degli altostrati, che sono di solito piatti ed uniformi, gli altocumuli conferiscono al cielo un aspetto vario e dinamico e l’atmosfera instabile gli attribuisce una struttura cumuliforme. Come gli altostrati però, gli altocumuli si sviluppano quando una massa d’aria si solleva a quote medie a causa delle presenza di una catena montuosa o per l’arrivo di un fronte che produce condensazione su zone estese. Se lo strato nuvoloso abbastanza sviluppato verticalmente può produrre delle deboli precipitazioni. Esiste il rischio di formazione di ghiaccio sugli aerei.
L’Altocumulus Ondulatus si forma quando un banco di altocumuli viene disturbato da una discontinuità del vento in quota, secondo il medesimo meccanismo che dà origine all’Altostratus Ondulatus. Si distingue da quest’ultimo per la sua struttura cumuliforme dovuto alla presenza di moderata instabilità a livello della nube. Queste nubi indicano sempre un alto tasso d’umidità a quota medie, preavviso di un sistema frontale. Se lo strato di nubi è sufficientemente spesso può dare luogo a deboli pioggerelle o, in caso di temperatura intorno allo 0, deboli nevicate. Provoca leggera turbolenza, priva però di effetti per la navigazione aerei.
Altocumulus, fotografati il 12 luglio ad Asti.
Altocumulus illuminati dalle luci dell’alba il 12 settembre 2010.
Altocumulus ondulatus fotografati da S. Marzanotto l’11 agosto 2011.
Bei altocumulus ondulatus nascosti in parte da dei nimbostratus il pomeriggio del 4 settembre 2011.
Altocumulus Castellanus
E’ una nube che deve la sua denominazione alle protuberanze frastagliate che si stagliano in cielo come le merlature di un castello medievale. E’ una formazione che non ha nulla di spettacolare, ma è interessante in quanto è indice di instabilità presente negli strati medi della troposfera. I meteorologici sono sempre attenti alla comparsa degli castellanus, in quanto, qualora siano molto diffusi fin dalla mattinata, indicano elevata probabilità dello sviluppo di temporali pomeridiani. I castellani si sviluppano quando un flusso d’aria più fredda scorre su una zona di altri altocumuli. In questo caso si crea instabilità e varie bolle d’aria più calda iniziano a sollevarsi dal profilo superiore dello strato nuvoloso , attribuendogli l’aspetto merlato. Non provoca precipitazioni, ma come già detto, può annunciare l’arrivo di temporali a fine giornata. Le correnti verticali all’interno di questa nube sono deboli e non costituiscono un rischio per gli aerei.
Degli altocumuli castellani fotografati all’Isola d’Elba nelle Tenute delle Ripalte, il pomeriggio del 26 agosto 2011.
Altocumulus Lenticularis (vedi sopra in Nubi basse)
Nubi alte
Cirrus
Il termine latino Cirrus significa filamento, proprio perchè queste velature, piuttosto leggere, sembrano dei filamenti che vengono trasportati dai venti d’alta quota che li stirano in varie fogge. Si trovano ai livelli elevati della troposfera, oltre ai 5000 m e perciò sono composti da miliardi di cristalli di ghiaccio. Essi possono comparire in banchi isolati oppure occupare gran parte del cielo visibile: in quest’ultimo caso possono annunciare l’arrivo di un fronte. Ci sono diversi tipi di Cirrus ma i più comuni sono i fibratus e gli uncinus. Più difficili da vedere i radiatus, i vertebratus e i flocus. I Cirrus possono apparire anche durante fenomeni temporaleschi in quanto costituiscono la parte superiore dell’incudine del cumulonembo, in questo caso si parlerà di Cirrus spissatus cumulonimbogenitus. I Cirrus sono presenti in tutto il mondo e non producono precipitazioni.
Cirrus fotografati presso Calliano (AT), il 28 agosto 2011.
Cirrus Uncinus / Vertebratus / Radiatus
I Cirrus uncinus trae il suo nome dall’estremità uncinata del filamento. La sua origine ha le stesse cause degli altri tipi di cirri, tuttavia il suo aspetto molto stirato a la disposizione in elementi paralleli sono il risultato di un forte vento (spesso associato ad una corrente a getto) che spira sotto lo strato atmosferico dove si generano i cristalli di ghiaccio. Via via che i cristalli cadono sotto l’effetto del loro peso, il vento li disperde rapidamente attribuendo alla nube questa struttura affilata ed uncinata. Gli uncinus possono essere anche vertebratus se sono disposti come delle vertebre o radiatus se sembrano divergere da un punto dell’orizzonte. Anch’essi come i Cirrus comuni si trovano ad un’altezza di oltre 5000 m e non producono precipitazioni.
Una splendida formazione di cirrus uncinus sopra la città di Asti il 21 giugno 2010.
Gruppo di Cirrus Uncinus, fotografati il 9 agosto 2011.
Cirrus uncinus vertebratus fotografati il 9 agosto 2011 ad Asti.
Cirrostratus / Cirrostratus Fibratus / Cirrostratus Nebulosus
I cirrostrati ricoprono vasti settori di cielo con un velo nuvoloso uniforme. Si formano nel medesimo modo degli altri cirri. Ci sono diverse specie di cirrostratus: le più diffuse sono il fibratus ed il nebulosus. Il primo si presenta in lunghi filamenti, chiamati striature, allungati su gran parte dell’orizzonte visibile. Nel caso dei Cirrostratus nebulosus, il sollevamento della massa d’aria che genera la nube è molto debole e lo strato di particelle di ghiaccio che ne risulta molto sottile, con limiti sfumati, difficili da distinguere, è privo di struttura e di dettaglio. Il solo segno percepibile di questa formazione nuvolosa è la frequente manifestazione di effetti ottici come aloni, parelii ed iridescenze.
L’effetto ottico dei pareli formato da cirrostratus nebulosus in Costa Rei nel sud della Sardegna l’1 settembre 2010.
Altro effetto ottico fotografato nelle stesso luogo luogo del precedente a pochi minuti di distanza.
Cirrocumulus / Cirrocumulus Ondulatus
I cirrocumuli, come i cirrostrati, si sviluppano quando una grande massa d’aria umida ai livelli elevati della troposfera raggiunge la saturazione dando origine a cristalli di ghiaccio. Si distinguono però da essi per la presenza d’instabilità a livello della nube, che attribuisce ai singoli elementi un aspetto cumuliforme. Un po’ come gli altostrati si differenziano dagli altocumuli. Se questa formazione aumenta regolarmente con il passare delle ore può annunciare l’arrivo di un fronte. I cirrocumuli sono fra le nubi più scenografiche che si possono osservare in cielo, in quanto sviluppano bellissime strutture su centinaia di chilometri di ampiezza. Uno dei tipi più interessanti è il Cirrocumulus Ondulatus, che appare in sottili bande ondulate nel cielo azzurro.
Dei Cirrocumulus al mattino del 22 marzo 2011 ad Asti.
Ondulatus isolati, il 9 agosto 2011. Al centro si nota anche una scia di condensazione.
Scie di condensazione
Non è proprio una nube in quanto non è naturale ma artificiale, infatti è provocata dai fumi degli aerei che volano in cielo. Ma essendo anch’essa ad una quota piuttosto alta ed essendo piuttosto “leggera”, può essere considerata una nube alta e stratiforme, simile ai cirri. I motori a reazione emettono grandi quantità di residui della combustione del cherosene, che contengono sia vapore acqueo sia nuclei di condensazione. Ai livelli superiori della troposfera dove la temperatura è inferiore a 0°C, il vapore in eccesso forma immediatamente minuscoli cristalli di ghiaccio, creando una nube artificiale. Spesso l’aria circostante è così secca da dissolvere in brevissimo tempo il cirro artificiale, rendendolo praticamente invisibile da terra. Tuttavia, se la massa d’aria in quota è umida e prossima al punto di saturazione, la nube prodotta dall’aereo resisterà a lungo prima di dissiparsi. Una lunga permanenza delle scie di condensazione è un elemento interessante per il meteorologo in quanto rivela la presenza di alto tasso d’umidità ad alta quota che può preannunciare l’arrivo di un fronte. Inoltre, per un osservatore al suolo lo spostamento della scia fornisce indicazioni sulla direzione e la velocità delle correnti d’alta quota.
Numerose scie di condensazione sui cieli di Asti nella prima mattina del 5 giugno 2012.
Nubi a sviluppo verticale
Cumulus Humilis
Questa nube è anche nota come “cumulo di bel tempo”, perchè di solito è associata a condizioni atmosferiche abbastanza stabili anche se talvolta può costituire il primo stadio evolutivo di uno stratocumulo o di un Cumulus Mediocris o ancora di un Cumulus Congestus. I cumuli si formano di solito in presenza di bolle d’aria calda ascendente. Il vapore acqueo presente nell’aria si condensa non appena la massa raggiunge la temperatura di rugiada e genera nubi isolate, dai contorni ben definiti. L’aspetto di queste nubi è la ragione del nome Cumulus che in latino significa ammasso. L’Humulis è la piccola nube cumuliforme originata da una convezione debole. E’ presente in tutto il mondo tranne che in Antartide dove la bassa temperatura al suolo impedisce la convezione. Queste nubi si trovano prevalentemente tra i 600 e i 1050 m e non producono alcuna precipitazione.
Qualche formazione di humilis nel pomeriggio del 30 agosto 2011, fotografati da Asti.
Cumulus Mediocris
Il Mediocris è molto simile all’Humilis, le cose che li differenziano uno dall’altro sono i moti convettivi leggermente più attivi di quelli che generano il Cumulus Humulis e, a differenza di quest’ultimo, il Mediocris può disturbare il volo aereo (solo di piccoli veivoli) con una leggera turbolenza. E’ una nube tipica della tarda mattinata e del pomeriggio, quando il riscaldamento del suolo ne innesca la convezione che però non è comunque sufficientemente sviluppata per dare luogo a delle precipitazioni. Spesso corrisponde allo stato transitorio tra il piccolo Cumulus Humulis e il grande Cumulus Congestus. Come l’Humulis non si può sviluppare solamente nell’Antartide e la sua altezza è compresa tra i 600 e i 1200 m.
Mediocris con ampio sviluppo verticale, fotografati ad Asti l’8 agosto 2011.
Mediocris in evoluzione, fotografato a Nuarsaz (AO), il 29 luglio 2011.
Dei mediocris intorno alla chiesa medievale del Borgo di Viatosto ad Asti il 7 maggio 2011.
Cumulus Congestus
Il Cumulus Congestus rappresenta lo stadio successivo dello sviluppo verticale di un Cumulus Mediocris in quanto esso può arrivare ad altezze di 6000 m. E’ un tipo di nube che raramente si forma per l’effetto della sola convezione, in quanto richiede anche una notevole instabilità atmosferica. Nel caso la convezione sia ancora più intensa o se l’atmosfera diviene ancora più instabile questa nube può evolvere in un cumulonembo. Questo tipo di nube può produrre intensi rovesci di pioggia o nevicate abbondanti. Crea una moderata turbolenza all’interno della nube che disturba un po’ il volo aereo. Anch’essa si può formare in tutto il mondo escluso l’Antartide.
Bellissimo esempio di Congestus torreggiante con rovescio intenso a destra, fotografato a Bardonecchia (TO), il 28 giugno 2011.
Congestus in continuo sviluppo, colto nel momento di massima bellezza, fotografato da Trino vercellese, il 28 luglio 2011.
Cumulus congestus di buon sviluppo verticale fotografato da Asti il 28 luglio 2011.
Pyrocumulus
E’ un tipo di cumulo il cui sviluppo non è legato a cause strettamente meteorologiche. Il suo nome deriva dal termiche greco pyr che significa fuoco, infatti è proprio il fuoco ad innescare il processo convettivo che, assieme al vapore acqueo, da origine alla nube. La base del cumulo è difficile da vedere, in quanto è generalmente nascosta dalla spessa cortina di fumi e cenere, ma la sommità delle nube svetta ben al di sopra dei prodotti della combustione. Lo sviluppo verticale di un pyrocumulo è molto variabile, può andare dalle dimensioni di un Cumulus Humulis a quelle di un Cumulus Congestus. In alcuni casi questo tipo di nube può produrre dei rovesci che possono addirittura estinguere parte dell’incendio. Nelle regioni sub-tropicali, dove la condensazione è alimentata da un’ elevata umidità dell’aria, i pyrocumuli possono trasformarsi in cumulonembi che possono generare fulmini rischiando di attivare nuovi focolai. Si possono formare ovunque ma solo nel corso di vasti incendi, tra i 600 e i 9000 m.
Un pyrocumulo delle dimensioni di un Cumulus Humilis creato da un incendio in Costa Rei nel sud della Sardegna il 31 agosto 2010. Grazie al focolaio non molto esteso si può vedere la base del cumulo.
Cumulonimbus Calvus
Questa nube segna lo stadio di transizione tra un Cumulus Congestus e un Cumulus Capillatus Incus. Può elevarsi ben più in alto del Congestus, arrivando fino a 9000 m nella troposfera dove la temperatura è in genere di alcuni gradi al di sotto dello zero e alle goccioline d’acqua sopraffusa si affiancano sempre i cristalli di ghiaccio che conferiscono sulla parte superiore della nube il suo caratteristico colore bianco brillante. I suoi moti verticali creano innumerevoli protuberanze e danno all’insieme il noto aspetto a cavolfiore. Questa nube può provocare dei rovesci temporaleschi che possono rivelarsi anche abbondanti ma in genere di breve durata. Le violente correnti ascendenti all’interno delle nubi producono vigorose turbolenze, ma i radar sugli aerei individuano le forti precipitazioni e così i piloti possono aggirare il cumulonembo evitando possibili pericoli.
Esempio di Calvus in sviluppo, la sera del 27 maggio 2011. Visuale da Asti verso est. Sarebbe poi nato un violento temporale.
Parte di un calvus molto lungo tra Astigiano ed Alessandrino, fotografato il 15 agosto 2010 tra da Asti al crepuscolo.
Un calvus fotografato da Asti nell’agosto 2011.
Cumulonimbus Capillatus Incus
L’altezza verticale di questa nube nelle regioni tropicali può raggiungere fino a 18.000 metri d’altezza. E’ coronata da un enorme ammasso di nubi ad alta quota simile ad un incudine. Questa parte delle nube dall’aspetto fibroso e disordinato e un sicuro indice di attività temporalesca. Fino a quando l’aria circostante presenta temperature inferiori alla colonna d’aria ascendente, la nube continua a crescere in altezza. Il cumulonembo finisce per raggiungere il limite superiore della troposfera, dove la temperatura d’aria si stabilizza ed inizia a risalire con l’altezza. Questa inversione termica determina il blocco della corrente ascendente, che non può proseguire oltre. Tuttavia, la velocità della massa d’aria inferiore continua ad imprimere una spinta verticale che appiattisce la sommità della nube contro il tetto ideale della tropopausa, conferendole la tipica forma ad incudine. Trovandosi a queste quote dove ci sono temperature inferiori a -50°C, l’incudine è composta da soli cristalli di ghiaccio viene spesso modificata assumendo un aspetto striato e disordinato dai venti di alta quota.
Questo Cumulonimbus può provocare dei violenti temporali con grandine, forti raffiche di vento e in casi ancora più devastanti, tornado. Ci sono forti turbolenze all’interno della nube, ma sia i radar a terra che quelli sugli aerei individuano le forti precipitazioni in modo che il pilota del veivolo possa aggirare il cumulonembo senza grossi pericoli. Si forma ovunque tranne nell’Antartide, più frequente all’Equatore.
Incus piuttosto lontano, verso il Vercellese, fotografato da Asti il 13 giugno 2011.
Incus fotografato in un momento di massima instabilità, l’8 giugno 2011 ad Asti.
Cumulonimbus Mammatus
Una fra le nubi più spettacolari sono i Cumulonembi con mamma che, se ammirati alla luce del tramonto, possono essere davvero spettacolari. Sono nuvole dotate di mammelloni tondeggianti sospesi nella parte inferiore dell’incudine di un temporale. I Mammatus sono associati a temporali nel loro stadio di maturazione infatti appaiono generalmente quando il cumulonembo ha raggiunto la sua massima altezza verticale e sono un sicuro indice di tempesta. L’origine delle protuberanze è dovuta alle correnti discendenti. Durante il temporale le correnti calde ed umide si sollevano verso la parte superiore della troposfera. La loro temperatura, a queste quote, tende ad equilibrarsi con quella dell’aria circostante, fortemente negativa. La nube si distende orizzontalmente contro la tropopausa, invadendo zone laterali rispetto al corpo ascendente principale. Il contatto con l’aria fredda discendente proveniente dalla sommità del cumulonembo e l’aria più calda ed asciutta sottostante, associato inoltre alla caduta di precipitazioni, crea l’effetto mamma, una serie di protuberanze simili che possono ricoprire vaste zone. Queste protuberanze indicano forte turbolenza e possibilità di grandine all’interno della nube che perciò gli aerei dovranno aggirare se non vorranno correre in rischi. Si possono formare ovunque tranne in Antartide, più frequenti all’Equatore.
Dei mammatus illuminati dalle ultime luci di un tramonto vagano su un’incudine morta trasportata dai venti d’alta quota dopo che il temporale si è dissipato, la sera del 17 luglio 2011 ad Asti.
Formazioni di cumulunimbus mammatus la mattina del 14 maggio 2011 ad Asti.
Nubi accessorie (Spiegazioni modificate prese da “Sito dedicato all’analisi dei fenomeni temporaleschi italiani a cura di Alberto Gobbi”)
Queste nubi si possono osservare solo in caso di temporali, in quanto il loro sviluppo dipende proprio da essi.
Shelf Cloud
E’ individuabile mediante il classico “cuneo”, è conosciuta come nube a mensola e si forma quando il gust front solleva l’aria caldo umida davanti ad esso fino al suo livello di condensazione. Non è provvista di movimenti rotatori a differenza della Wall Cloud in quanto avanza sotto la semplice spinta dell’outlow. Questa formazione nuvolosa è spesso presente nella supercella dove si può osservare sul bordo avanzante del temporale e precede di pochissimo l’area dei rovesci di pioggia o grandine.
Ecco due foto di una shelf cloud la sera del 4 luglio 2011, fotografate da Asti.
Wall Cloud
Conosciuta come nube a muro o parete, la wall cloud è identificabile mediante il classico “scalino” ed è simile al lowering in quanto la sua genesi è quasi uguale ad essa e può essere una sua evoluzione. La nube a muro nasce per il fatto che la corrente discendente raffreddata all’interno del cumulonembo, invece di dilagare al suolo dietro al temporale come outflow, viene in parte richiamata all’interno del temporale stesso grazie al movimento rotatorio indotto dal mesociclone interno alla supercella. L’aria fredda infiltrata condenserà ad una quota altimetrica inferiore formando dunque una nube a parete che si evidenzierà al di sotto della base del Cb principale, in genere sul settore sud-occidentale della supercella stessa (mai sul bordo avanzante). La wall cloud compare solo nelle supercelle: il tornado di solito scende dalla nube a muro, in quanto questa altro non è che l’estremità inferiore di un pericoloso mesociclone.
Wall Cloud fotografata da Asti il pomeriggio dell’8 luglio 2011 sotto ad una devastante supercella con mesociclone evidente, che provocò ingenti danni nelle zone del nord-ovest della provincia d Asti.
Spettacolare Wall Cloud con il suo scalino caratteristico, fotografata da Ivrea (TO) nel luglio 2011.
Funnel Cloud
E’ quasi sempre osservabile come una nube ad imbuto ed è presente in ogni settore del temporale che non deve essere necessariamente una supercella. E’ una colonna d’aria in rotazione che non è in contatto con il terreno e può evolvere in un tornado. E’ una nube alquanta rara, ma più comunemente si presenta sul mare sotto forma di tromba marina. In questo caso spesso può scendere da un semplice cumulo congesto.
Uno scorcio di un funnel fotografato da Asti che scende da una wall cloud il pomeriggio del 27 maggio 2011.
Roll Cloud
E’ una nube alquanto rara, lunga, orizzontale, tubolare e, a differenza delle altre nubi accessorie, è totalmente staccata dalla base del cumulonembo. In casi ancora più rari può presentarsi con il cielo sereno perchè originata da una corrente di outlow proveniente da un temporale in decadimento distante parecchi chilometri.
Roll Cloud fotografata durante un temporale, il 3 giugno 2011.
Eccellente esempio di Roll Cloud nel pomeriggio del 3 giugno ad Asti.
Roll più piccola fotografata da Asti la sera del 3 giugno 2011.
Lowering
Indica la zona in cui c’è un intenso updraft ed è collegata alla wall cloud in quanto può evolversi in essa e la sua genesi molto simile. Consiste in un piccolo abbassamento attaccato alla base di un cumulonembo con un diametro più piccolo rispetto agli 8 km che può raggiungere la nube a muro, ovvero di 1-2 km. L’aria entra nel lowering sia dal lato caldo (inflow) sia da quello freddo (outflow): l’aria più fresca risucchiata dall’updraft condenserà a un livello altimetrico minore rispetto alla base originaria del Cb. Se sotto il lowering c’è calma di vento con i fractus che salgono verso l’alto e che ruotano possiamo trovarci sotto l’updraft principale (ovvero sotto una probabile wall cloud) e siamo a rischio tornado.
Una lowering sulla città di Asti il 27 luglio 2011.
Rugiada, nebbia e brina
Rugiada
Spesso, dopo una notte fresca e serena, il terreno e la vegetazione scintillano al sole: si tratta della rugiada. Le condizioni ideali per la sua comparsa sono una notte senza vento e serena, presenza d’aria umida in prossimità del suolo e un basso strato d’umidità negli strati d’aria superiori. L’assenza di nubi favorisce la rapida dispersione nello spazio del calore immagazzinato dal suolo durante il giorno. La rugiada è una forma di condensazione che avviene quando la temperatura del suolo o di ogni altra superficie si abbassa fino ad innescare il passaggio del vapore acqueo contenuto nello strato d’aria sovrastante allo strato liquido. La rugiada è tipica di pianure e fondovalli poco ventosi.
Goccioline di rugiada sui petali di un fiore fotografate il 2 aprile 2011 ad Asti.
Goccioline scintillanti di rugiada tra l’erba fotografate l’8 settembre 2011 ad Asti.
Nebbia / Banchi di nebbia
La nebbia è una vera e propria nube in prossimità del suolo e, come ogni nube, è causata dalla condensazione del vapore. Il tipo di nebbia più frequente è quella di irraggiamento, meno comuni sono le nebbie orografiche e quelle d’avvezione. La nebbia di irraggiamento è così chiamata in quanto il risultato del raffreddamento notturno del suolo per irraggiamento del calore verso lo spazio. Il raffreddamento per irraggiamento è massimo durante le notti serene e senza vento, quando gli strati d’aria più vicini al suolo si raffreddano più intensamente di quelli superiori generando situazioni di inversione termica. La formazione di nebbia avviene soprattutto sulle pianure e sui fondovalli nei mesi più freddi dell’anno. Riduce talora la visibilità a meno di 10 metri e perciò può essere la causa di incidenti automobilistici o aerei. Avendo origine da tempo sereno ed anticiclonico, la nebbia di irraggiamento annuncia in genere una bella giornata, soprattutto su colline e montagne che per altitudine siano appeno più elevate dello stato superiore della formazione.
I banchi di nebbia si formano di solito durante la notte e iniziano a dissiparsi con i primi raggi di sole che riscaldano l’atmosfera. In certe condizioni si possono formare banchi di nebbia a quota superiori rispetto al livello del suolo, detti strati bassi.
Fitta nebbia estiva fotografata dal Borgo di Viatosto ad Asti il 19 luglio 2011.
Nebbia molto fitta, fotografata da Asti, nel gennaio 2011.
Banco di nebbia in arrivo, la mattina del 20 gennaio 2011 ad Asti.
Un banco di nebbia sulla città di Asti fotografato dal Brogo di Viatosto il 20 luglio 2011.
Brina
La brina, come la rugiada, ha tendenza a formarsi di notte, con tempo calmo e sereno, quando l’assenza di nubi favorisce l’irraggiamento di calore verso lo spazio provocando un forte abbassamento termica al livello del suolo. Quando il congelamento porta la temperatura sotto il punto di congelamento dell’acqua (0°C), il vapore contenuto nel sottile strato d’aria prossimo al suolo si solidifica direttamente, senza passare attraverso la condensazione, saltando cioè il passaggio liquido. Talvolta anche quando ci sono temperature vicine allo 0 come +2 o +3°C si può già formare la brina perchè la temperatura al livello del suolo risulta leggermente più bassa. Capita però che quando l’umidità non è molto alta, nonostante la temperatura vada sotto lo zero, non si forma la brina sul suolo o più facilmente non ghiacciano i vetri delle automobili. La brina può provocare dei danni se si presenta nei mesi primaverili rovinando gli alberi da frutto già in fiore.
Forte brinata ad Asti fotografata la mattina del 26 novembre 2010 con un temperatura di sette gradi sotto allo zero.
Precipitazioni
Pioggia e virghe
Si definisce pioggia una precipitazione atmosferica che raggiunge il suolo in forma liquida. All’origine la pioggia si forma per l’accrescimento di goccioline d’acqua o di cristalli di ghiaccio all’interno delle nubi. Queste particelle, una volta superato un certo peso, non sono più sostenute dai moti dell’aria e cadono verso il suolo; i cristalli di ghiaccio quando incontrano temperature positive, fondono.
Talvolta la precipitazione, una volta uscita dalla nube, può evaporare prima di toccare terra e creare così una specie di cortina scura sospesa alla base della nube. Questo fenomeno, detto virga, avviene quando sotto la copertura nuvolosa è presente uno strato d’aria molto secca. Poiché la virga non raggiunge il suolo, non rientra nella categoria delle precipitazioni. In alcuni casi, tuttavia, l’evaporazione dell’acqua aumenta l’umidità nello strato d’aria secca, favorendo il graduale progredire del fenomeno, fino a che la pioggia raggiunge il suolo. La pioggia, sopratutto se è temporalesca, può creare dei danni in quanto può provocare delle inondazioni mettendo in pericolo vite umane. Si ricorda il record pluviometrico italiano del maggior accumulo di pioggia in 24 ore registrato a Genova Bolzaneto durante l’alluvione del 7-8 ottobre 1970 di ben 948 mm. In Italia fra le alluvioni più devastanti si ricorda quella dell’Arno che invase Firenze il 4 novembre 1966. Pi recentemente, tra il 5 e il 6 novembre 1994, piogge torrenziali diffuse su tutta l’Italia nordoccidentale causarono l’esondazione del fiume Tanaro tra Garessio fino ad Alessandria allagando varie città come quest’ultima, Asti o Alba, fra le più importanti, si ricorda che causò oltre 70 morti. Si ricorda poi, la piena del fiume Po, che esondò nel novembre del 1951 nella zone di Rovigo causando 89 morti. Ma questi sono solo alcuni dei disastri provocati dalle forti piogge sul nostro territorio.
Una forte pioggia temporalesca ben visibile precipita al suolo l’11 giugno 2011 ad Asti.
Una virga fotografata sopra la città di Asti il 19 marzo 2011.
Neve
Un paesaggio ammantato di uno spesso strato di neve fresca è certamente uno dei più suggestivi spettacoli che la natura può offrire. La neve è composta da cristalli di ghiaccio formatisi all’interno di una nube a temperatura negativa, quando il vapore acqueo gela direttamente attorno a microscopici nuclei solidi. I cristalli di ghiaccio si aggregano a poco a poco formando le ramificazioni (dendriti) che compongono i fiocchi di neve. Quando i fiocchi sono sufficientemente pesanti cadono al suolo. La forma dei cristalli di ghiaccio è molto variabile e dipende dalla temperatura e dall’umidità della massa d’aria circostante. Per avere una nevicata più abbondante e neve più soffice e necessario che la temperatura non sia al di sopra dello zero, perchè in questo caso la neve risulterà bagnata. Spesso può nevicare con temperature ampiamente positive fino anche a dieci gradi. La neve, se cade in abbondanza, può creare disagi alla circolazione ma anche valanghe lungo le montagne le quali creano ogni anno la morte di molti alpinisti. L’Italia possiede un record mondiale sulla neve, infatti a Roccacaramanico a 1050 m in Abruzzo, il 17 dicembre 1961 caddero in sole 24 ore 365 cm di neve.
Nevicata molto intensa al Lago Lod (AO), 2018m, nel pomeriggio della vigilia di pasqua del 2010. Si nota come i fiocchi siano molto piccoli per le temperature molto inferiori allo 0°. Caddero 30 cm.
Intensa nevicata del 10 marzo 2011 ad Asti (25-30cm). Si notano i fiocchi molto grossi per le temperature superiori allo 0°.
Nevicata del 4 marzo 2011 ad Asti. L’accumulo non arrivò neppure a 5 cm.
Galaverna o neve chimica
Spesso, chi non è esperto di meteorologia, può scambiare la galaverna con la neve. Si forma con le nebbia e con temperature al di sotto dello 0. Ricopre di bianco qualsiasi superficie formando degli aghi di cristallo sopra di essi e a volte può essere anche qualcosa si più di una semplice spolverata. Si può confondere la galaverna con la neve chimica che è molto simile e anch’essa si forma nello stesso modo. La neve chimica è provocata dai fumi delle fabbriche industriali e a volte, nelle grandi città, può creare anche accumuli di 5-10 cm.
Galverna la mattina del 3 febbraio 2011 ad Asti. L’accumulo fu di 1 cm.
Alberi imbiancati dalla galaverna, nel gennaio 2008 ad Asti.
Effetti ottici
Arcobaleno
Affascinante ed effimero, l’arcobaleno ha da sempre stimolato l’immaginazione degli uomini, assumendo talvolta profondi significati religiosi. Solo dopo il 1637 ne fu tuttavia fornita, grazie a Cartesio, la prima spiegazione scientifica. Le gocce d’acqua agiscono come milioni di minuscoli prismi, separando la luce solare nei colori dell’iride. Quando la luce colpisce una goccia d’acqua, la maggior parte l’attraversa, mentre in corrispondenza dei bordi subisce una rifrazione, una scomposizione nei colori dello spettro visibile e quindi una riflessione da parte della superficie interna della goccia stessa. All’uscita della goccia, la luce viene ancora rifratta e deviata con un angolo di 42° rispetto al raggio incidente. Ogni colore emerge con un angolo leggermente diverso, in funzione della sua lunghezza d’onda. Solo un colore per volta è reso visibile da ciascuna goccia di pioggia in un dato momento e ciò dipende dall’angolo sotto il quale viene osservata. L’osservatore a terra vede l’effetto della rifrazione e riflessione combinata della luce, operata da milioni di goccioline che formano distinte bande cromatiche: il rosso, corrisponde alle lunghezze d’onda maggiori, è all’esterno; il violetto, con le lunghezze d’onda più corte, all’interno. La percezione di un arcobaleno dipende dal movimento di una goccia d’acqua, dalla posizione del sole e da quella dell’osservatore. L’arcobaleno più ampio avviene quando il sole è vicino all’orizzonte, mentre più il sole è alto, più l’arcobaleno è appiattito, fino a scomparire quando i raggi solari giungono con un angolo superiore a 42° rispetto all’orizzonte. A terra, le migliori condizioni di osservabilità si verificano pertanto al mattino e soprattutto nel tardo pomeriggio, quando oltre al sole basso, esiste maggior probabilità di temporali. In alcuni casi l’arcobaleno può essere prodotto anche dalla luce lunare, ma i colori sono più tenui e confusi. Quando invece la luce solare colpisce una cortina di nebbia, l’arcobaleno si forma con difficoltà e in genere si limita a poco più di un’ ombra senza colori. Ciò avviene in quanto le piccolissime gocce d’acqua che compongono la nebbia sono poco adatte a scomporre la luce. Inoltre l’arcobaleno si può presentare doppio, in questo caso i colori dell’arcobaleno secondario risultano invertiti.
Un arcobaleno completo fotografato da Asti la sera del 25 maggio 2011.
Iridescenza
L’iridescenza appare sotto forma di zone colorate irregolari sulle nubi medie poste attorno al sole o alla luna. Questo effetto ottico forma macchie di colore diffuse all’interno dei banchi nuvolosi o sul loro perimetro. I colori dell’iridescenza dipendono dalle dimensioni delle goccioline d’acqua e dall’angolo di osservazione. Il blu, compare sempre nella zona zona interna rispetto alla provenienza della luce, è il colore dominante, seguito dal verde e dal rosso. I migliori effetti cromatici sono generati da nubi composte da gocce molto piccole ed uniformi, come quelle contenute negli altostrati o negli altocumuli che si sono appena formati. Il bagliore lunare crea iridescenze più pallide ma ben visibili. L’iridescenza, anche se non comune, è un fenomeno che può essere osservato ovunque nel mondo, sia pur con maggiore frequenza nelle zone montagnose, propizie alla formazione di banchi di nubi medie.
Splendida foto scattata ad Asti il 29 settembre 2010 che ritrae due iridescenze contemporaneamente tra un mare di altostrati con dietro la catena alpina ben visibile grazie all’umidità bassa ed il Monviso che spicca tra gli altri monti.
Iridescenza immortalata da Moncalvo (AT), il 28 agosto 2011.
Leggera iridescenza con il solo colore rosso, catturata il 23 agosto 2010 in Costa Rei nel sud della Sardegna.
Pareli
I pareli (dal greco parà, vicino ed elios, sole) appaiono sotto forma di due punti luminosi posti a destra e a sinistra del sole, quasi a dare l’impressione dell’esistenza di tre astri nel cielo. Si presentano generalmente insieme ad un alone di 22° e si formano nelle medesime condizioni. Questo fenomeno è dovuto all’attraversamento di un sottile strato di cristalli di ghiaccio, come una distesa di cirri, da parte della luce solare. I parelii si producono solamente quando i cristalli di ghiaccio di forma esagonale sono orientati su un piano orizzontale, cioè con la faccia piatta parallela al suolo: è necessaria una grande quantità di cristalli nell’aria affinchè il fenomeno si manifesti. Una volta che siano ben sviluppati, i due parelii possono assumere leggere sfumature rosate all’interno e blu all’esterno. Talora si forma un solo parelio, oppure uno dei due appare più debole. Anche la luna piena è in grado di creare lo stesso effetto, e in questo caso i due punti luminosi sono detti paraselenii, ma si tratta di un fenomeno molto raro. I parelii possono spostarsi seguendo il movimento del sole, ma sono visibili solo fino ad un angolo di 45° ad di sopra dell’orizzonte. Oltre a questa elevazione del sole, la luce rifratta non è più visibile da un osservatore a terra. Questo effetto ottico si può vedere ovunque nel mondo ma è più frequente alle alte latitudini perchè nei climi polari come in Antartide, i cristalli di ghiaccio che si formano in prossimità del suolo possono produrre parelii.
Ecco un esempio di Pareli anche se a prima vista può essere quasi scambiato per un alone visto che sono piuttosto simili, ma si notano i due punti più luminosi posti a destra e sinistra del Sole. Fotografato l’1 settembre 2010 in Costa Rei nel sud della Sardegna.