L’Ovadese è un’area storico-culturale che si trova nella parte meridionale della provincia di Alessandria: il centro principale è Ovada, cittadina di circa 12 mila abitanti adagiata su un fondovalle alla confluenza tra due torrenti. Geograficamente una porzione di questo territorio fa parte dell’Alto Monferrato, ma geomorfologicamente l’intera area si colloca tra le pendici dell’Appennino ligure-piemontese da cui nascono i principali corsi d’acqua che solcano le valli di questa zona: i torrenti Orba, Stura di Ovada, Piota e Gorzente.
Nell’analisi precedentemente pubblicata sulla neve ad Ovada abbiamo già discusso i motivi per i quali questa zona risulta essere la più nevosa di tutta Italia a bassa quota (CLICCA QUI per l’articolo completo). In questo nuovo studio l’autore andrà ad indagare ulteriormente la nevosità della zona confrontando la serie nivometrica ultracentenaria di Ovada, già analizzata nel dettaglio, a nuovi dati inediti.
Osservatori meteorologici e serie nivometriche prese in considerazione in questo studio:
- Ovada (186 m s. l. m.) -> periodo 1914-2020
- Lavagnina Lago, Casaleggio Boiro (356 m s. l. m.) -> periodo 1923-2020
- Lavagnina Centrale Idroelettrica, Casaleggio Boiro (245 m s. l. m.) -> periodo 1938-2001
- Capanne di Marcarolo, Bosio (780 m s. l. m.) -> periodo 1991-2020
Anche se dal punto di vista geografico il comune di Bosio si trova nel territorio del Novese, la stazione delle Capanne di Marcarolo è stata ugualmente considerata in questo studio perchè prossima all’osservatorio di Lavagnina (5 km in linea d’aria) e quindi significativa per l’analisi della nevosità della zona.
Zoom sulla zona presa in considerazione in questo studio: vengono indicati gli osservatori e le quote di riferimento.
I diversi metodi di misurazione della neve
Prima di affrontare l’analisi dei dati è bene puntualizzare quali sono i due principali metodi di misurazione della neve utilizzati dai diversi osservatori presi in considerazione in questo studio:
- altezza della neve fresca giornaliera (HN): si tratta della rilevazione della neve fresca che si deposita al suolo su una superficie ripulita nell’arco delle 24 ore o minore di 24 ore se l’evento ha una durata più breve. Metodologia comune alla maggior parte delle serie nivometriche storiche del Nord-Ovest (Torino, Cuneo, Aosta, Vercelli, ecc.), nelle serie di dati prese in considerazione in questo studio l’altezza della neve fresca viene misurata solo ad Ovada;
- spessore del manto nevoso (HS) ed altezza della neve giornaliera calcolata come incremento del manto nevoso in 24 ore: metodologia utilizzata dai due osservatori manuali di Lavagnina e dalla stazione meteorologica automatica delle Capanne di Marcarolo dotata di un nivometro ad ultrasuoni. Questo metodo di misura non rileva una quantità oggettiva di neve caduta (a meno che al suolo sia assente un manto preesistente), ma una differenza di altezza del manto nevoso in un determinato arco temporale. Essendo il manto nevoso in continua evoluzione e soffrendo di assestamento, in relazione sia alle variabili ambientali termo-igrometriche che alle variabili strutturali del fiocco di neve che si deposita su manto preesistente e al mutamento di entrambi, questa tipologia di rilevazione presenta una sottostima della quantità di neve fresca effettivamente caduta (HN). Tale sottostima è trascurabile a bassa quota (Nimbus n°72, pag. 34), ma diventa degna di nota in una zona molto nevosa come quella dell’Ovadese, qui studiata. Per questo motivo nei prossimi paragrafi verrà sempre specificato quando i dati sono rilevati mediante questo metodo di misura.
Osservatorio e serie nivometrica di Lavagnina Lago (356 m s. l. m.)
Strumenti installati dall’Ufficio Idrografico agli inizi del Novecento e tutt’ora attivi nel giardino della casa del custode al Lago Inferiore di Lavagnina (356 m s. l. m.): si può notare la cabina del pluviografo meccanico per la misurazione delle precipitazioni ed una piccola capannina al cui interno sono collocati termometri a minima e massima per la misurazione della temperatura. In questo stesso luogo da un secolo viene anche misurato ogni giorno con continuità lo spessore del manto nevoso.
Il lago Superiore ed il lago Inferiore di Lavagnina sono due laghi artificiali dell’Appennino ligure-piemontese ed interessano i comuni di Casaleggio Boiro, Mornese e Bosio. Questi invasi sono stati creati sbarrando il torrente Gorzente che nasce dal Monte Poggio nel Parco Regionale delle Capanne di Marcarolo: nel tratto più a monte, sul confine tra Piemonte e Liguria, sono presenti due ulteriori sbarramenti artificiali i cui invasi prendono il nome di Laghi del Gorzente, nello specifico Lago Lungo e Lago Bruno. Il Gorzente dopo aver percorso l’omonima valle in una zona selvaggia e completamente disabitata forma i due laghi di Lavagnina per poi continuare il suo percorso verso valle fino a confluire nel torrente Piota. “Nella zona veniva estratto oro, nel 1852 in località Lavagnina ora sommersa dall’invaso, venne costruito uno stabilimento metallurgico per la preparazione dei lingotti. Le miniere passarono sotto controllo della Societè Anonyme des Mines d’or du Gorzente con sede a Lione, in Francia. Nel 1913 si esaurì anche l’ultima miniera. La costruzione della diga che era cominciata con l’esaurimento di alcune miniere venne terminata nel 1887 per il lago superiore, mentre per il lago inferiore la costruzione cominciò nel 1911 e finì nel 1917. Nei periodi di secca è visibile cascina Lavagnina e lo stabilimento metallurgico costruito nel 1850″ (fonte: Wikipedia).
Vista della diga e di parte dell’invaso artificiale del Lago Inferiore di Lavagnina dalla casa del custode.
L’altezza dell’invaso del Lago Inferiore è a 337 m s. l. m., mentre gli strumenti di misura si trovano presso la casa del custode a 356 m s. l. m. I primi dati a carattere meteorologico risalgono al gennaio 1914 quando, per volere dell’ex Ufficio Idrografico, iniziò a funzionare un pluviometro, probabilmente all’epoca ancora manuale e solo successivamente sostituito da uno meccanico. Durante i primi anni di funzionamento dell’osservatorio, la misura dello spessore della neve al suolo non venne effettuata, se non in sporadiche occasioni, fino all’inverno 1922/23 in cui presero il via con continuità anche le rilevazioni di questo parametro. Successivamente, dal 1935 si aggiunsero le misurazioni della temperatura (tramite un termometro a minima e massima alloggiato in una capannina) che continuano ancora oggi nello stesso luogo, assieme alle rilevazioni della pioggia caduta e dello spessore del manto nevoso.
Alla stazione manuale negli anni recenti è stata affiancata una strumentazione automatica installata da ARPA Piemonte i cui dati tuttavia non stati considerati in questo studio, ma sono consultabili online a questa pagina.
Stazione meteorologica automatica dell’ARPA Piemonte installata il 16/11/2006 al Lago Inferiore di Lavagnina, a pochi passi dall’osservatorio manuale in funzione dagli anni ’10 del Novecento.
Dalle misure giornaliere del manto nevoso è stata ricavata l’altezza della neve caduta in 24 ore: il dato ottenuto, essendo calcolato come incremento giornaliero del manto nevoso, soffre inevitabilmente di una sottostima e non rappresenta l’altezza della neve fresca realmente caduta, a meno che al suolo sia assente un manto preesistente. I valori di Lavagnina non saranno perciò direttamente paragonabili alla maggior parte delle serie nivometriche piemontesi in cui si è misurata la reale altezza della neve fresca giornaliera (HN).
Considerando la serie nella sua interezza (1923-2020) cadono mediamente 112.6 cm a Lavagnina Lago (356 m s. l. m.): nel medesimo periodo è attesa la stessa identica quantità a Cuneo a 550 m (112.3 cm la media 1921-2020), ma va tenuto in considerazione che qui la neve fresca è misurata come HN e non come incremento di manto. Se si analizza la distribuzione delle nevicate mese per mese a Lavagnina mediamente cadono 43 cm a gennaio, 27.9 cm a febbraio, 25.4 cm a dicembre, 12 cm a marzo, 3.8 cm a novembre, 0.4 cm ad aprile e 0.3 cm ad ottobre.
Nell’ultimo secolo la tendenza è volta ad una diminuzione degli apporti nevosi, pari al -25.2%/98 anni. Analizzando il grafico sottostante è possibile notare un primo periodo molto nevoso a cavallo tra la fine degli anni ’20 ed i primi anni ’30 (picco di 240 cm nel 1932/33), seguito da un calo della nevosità compreso tra il 1935 ed il 1945. Segue una nuova ripresa degli apporti nevosi (picco di 274 cm nel 1946/47), mentre tra gli anni ’50 e ’60 ha luogo un periodo più stabile senza grandi discostamenti dalla media. Con l’avvento degli anni ’70 avviene un netto aumento della nevosità (picco di 249 cm nel 1977/78), tanto che questo risulta essere il decennio con più neve della serie con 156.8 cm. Questo periodo molto nevoso prosegue anche negli anni successivi (picco di 319 cm nel 1985/86), ma dalla fine degli anni ‘80 ha inizio un drastico calo dei totali annui che trova riscontro in tutte le altre serie nivometriche della Pianura Padana: ciò è dovuto soprattutto a due inverni consecutivi quasi completamente privi di neve come mai era successo prima (1988/89 e 1989/90 sono le due stagioni della serie meno nevose in assoluto rispettivamente con 0 e 2 cm). Durante gli anni ‘90 trova conferma questa diminuzione, tanto da risultare il decennio meno nevoso in assoluto con 80.4 cm, pur con l’eccezione dell’inverno 1995/96 che totalizzando 268 cm risulta essere la terza stagione con più neve della serie. Tuttavia, a partire dal 2003/04, seguirà un periodo di dieci anni molto nevoso (interrotto solo dal 2006/07 con appena 7 cm) che culminerà con le stagioni 2008/09 e 2012/13 in cui sono caduti rispettivamente 241 e 205 cm. Poi dall’inverno 2013/14 ad oggi, si è registrata una serie di 7 stagioni consecutive con apporti inferiori alla media, culminata con il recente 2019/20 che ha totalizzato appena 4 cm risultando il terzo inverno meno nevoso della serie.
Andamento dei totali di neve fresca (calcolati come incremento del manto nevoso) nell’anno idrologico (periodo ottobre-settembre che racchiude la stagione invernale padana) dal 1923 al 2020 a Lavagnina Lago (Casaleggio Boiro, AL, 356 m). La linea tratteggiata nera indica la media dell’intero periodo analizzato (112.6 cm), la linea rossa sottile indica la tendenza, mentre la linea rossa più spessa rappresenta la media mobile sui 5 anni. Appare netta la tendenza alla diminuzione degli apporti nevosi (-25.2%/98 anni), visibile soprattutto a partire dalla fine degli anni ’80.
La nevosità negli ultimi 30 anni è calata di quasi un terzo (-31%) rispetto al trentennio precedente: se nel periodo 1961-90 cadevano mediamente 128.7 cm, tra il 1991 ed il 2020 sono attesi solo più 89.5 cm. La diminuzione della nevosità è del tutto simile a quanto registrato sul fondovalle ad Ovada (-30% tra ’61-90 e ’91-20).
Confronto tra le medie nivometriche trentennali misurate ad Ovada e a Lavagnina Lago: ben evidente il calo degli apporti nevosi più marcato a partire dal trentennio 1971-2000. Ad Ovada il 1931-60 è il trentennio più nevoso in assoluto con 96.8 cm, mentre nella Valle del Gorzente i più nevosi sono quasi a pari merito 1951-80 e 1961-90, rispettivamente con 129 e 128.7 cm. In entrambe le località il recente 1991-2020 è stato il più avaro di neve con 61.7 cm ad Ovada e 89.5 cm a Lavagnina.
Confronto tra le medie nivometriche decennali misurate ad Ovada e a Lavagnina Lago: ad Ovada gli anni ’40 sono stati i più nevosi con 111.5 cm, mentre a Lavagnina il primato spetta di gran lunga agli anni ’70 in cui sono caduti 156.8 cm. In entrambe le località il decennio più avaro di neve è rappresentato dagli anni ’90 in cui si misurano 40 cm ad Ovada e 80.4 cm a Lavagnina.
In quasi un secolo di misurazioni (dal 1923 ad oggi) la stagione invernale più nevosa è stata il 1985/86 con 319 cm. In particolare il gennaio 1986 con 167 cm è stato il mese in assoluto con più neve di tutta la serie e proprio la celebre nevicata che ebbe luogo in quell’inverno, tra il 29 gennaio ed il 2 febbraio 1986, è stato l’evento più abbondante di tutta la serie con 112 cm.
I dieci inverni più nevosi dell’ultimo secolo a Lavagnina Lago: al primo posto il già citato 1985/86 con 319 cm, ma in classifica possiamo notare alcune stagioni recenti come il 2012/13 (205 cm e 9° inverno più nevoso), 2008/09 (241 cm e 5° inverno più nevoso) ed il 1995/96 (con 268 cm e 3° inverno più nevoso) che fu una sorprendente eccezione all’interno degli anni ’90, il decennio in assoluto più avaro di neve in loco. Nel 1985/86 ed il 1995/96 fu importante la differenza che si venne a creare con la vicina ad Ovada dove caddero rispettivamente appena 185 e 121 cm.
Le dieci nevicate più abbondanti a Lavagnina Lago: oltre al primato di 112 cm del 29 gennaio/2 febbraio 1986 in classifica troviamo al 4° posto il recente episodio del 3-5 gennaio 2008 con 85 cm cumulati.
Una statistica assente per la serie di Ovada ma disponibile per Lavagnina è quella che riguarda la durata del manto nevoso al suolo: il primato assoluto spetta alla stagione 1977/78 con 102 giorni totali di permanenza della neve. Durante quell’inverno venne toccato anche lo spessore più elevato all’interno della serie, pari a 138 cm, l’11 febbraio 1978. Un altro dato interessante è quello del maggior numero di giorni consecutivi con presenza di manto: questa statistica vede in prima posizione il 1946/47 con 98 giorni consecutivi (dal 9/12/1946 al 16/3/1947), ma subito dopo troviamo il recente 2008/09 con 91 giorni consecutivi (dal 28/11/2008 al 26/2/2009).
Le stagioni invernali caratterizzate da una maggior permanenza della neve al suolo a Lavagnina Lago: il primato spetta al 1977/78 con 102 giorni seguito dal 1946/47 con 101 giorni, al 4° posto il recente 2008/09 con 91 giorni.
Le stagioni invernali caratterizzate da più giorni consecutivi con neve al suolo a Lavagnina Lago: tra il 9 dicembre 1946 ed il 16 marzo 1947 il record con 98 giorni continui di copertura del suolo, ma notevole anche il recente 2008/09 con 91 giorni compresi tra il 28 novembre 2008 ed il 26 febbraio 2009.
Come per la città di Ovada, la nevicata più precoce e quella più tardiva corrispondono rispettivamente al 27 ottobre ed al 20 aprile. In due diverse occasioni nevicò il 27 ottobre: nel 1946 con 10 cm e nel 1979 con 20 cm e si tratta degli unici due eventi con accumulo in questo mese rilevati a Lavagnina Lago nell’ultimo secolo. Il 20 aprile 1954 avvenne la nevicata più tardiva (14 cm), ma non si tratta della più abbondante nel mese di aprile: nel recente 15/4/1998 si accumularono 20 cm. Si contano solamente altri due episodi accumulo ad aprile: il 12/4/1958 (3 cm) ed il 17/4/1962 (4 cm).
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Osservatorio e serie nivometrica di Lavagnina Centrale (245 m s. l. m.)
Osservatorio dell’ex Ufficio Idrografico installato alla Centrale Idroelettrica di Lavagnina, dismesso nel 2002 e da allora non più funzionante: anche qui come al Lago Inferiore furono collocati un pluviografo meccanico ed una capannina.
Questo osservatorio nacque nel 1935 e fu installato presso la Centrale Idroelettrica che si trova a valle dell’invaso di Lavagnina: la centrale e la casa del custode sono ubicate proprio lungo il fondovalle nella gola scavata dal torrente Gorzente. L’osservatorio di Lavagnina Centrale è situato ad una quota di 245 m s. l. m. e dista 1 km in linea d’aria da quello più a monte all’altezza della diga a 356 m s. l. m. Inizialmente fu installato solo un pluviografo che, durante i primi mesi di funzionamento, registrò un dato da record per la climatologia piemontese, imbattuto ancora oggi dopo 85 anni: il 13 agosto 1935 in appena 8 ore caddero 554.4 mm di pioggia a causa di un temporale autorigenerante che stazionò in loco. A seguito di questi eccezionali quantitativi di pioggia crollò la Diga di Ortiglieto (Molare) e si generò una devastante ondata di piena lungo tutto il corso del torrente Orba che causò la morte di 111 persone.
A partire dall’aprile 1937 iniziarono con costanza le rilevazioni dell’altezza del manto nevoso al suolo e della temperatura tramite un termometro a minima e massima collocato in un capannina, similmente a quanto già avveniva al Lago Inferiore.
La stretta gola scavata dal torrente Gorzente nel tratto di valle tra la Diga del Lago Inferiore di Lavagnina e la Centrale Idroelettrica.
Come per la serie di Lavagnina Lago, dalle misure giornaliere del manto nevoso è stata ricavata l’altezza della neve caduta in 24 ore: ne risulta una nevosità del tutto simile a quella rilevata alla diga vista la vicinanza tra i due osservatori (1 km in linea d’aria), ma leggermente inferiore per via dell’altitudine (245 m vs 356 m). Attraverso i dati del Lago Inferiore l’analisi della serie di Lavagnina Centrale è stata estesa all’ultimo secolo con la stima della media secolare 1921-2020 e quella del trentennio recente 1991-2020.
La media nivometrica secolare 1921-2020 di Lavagnina Centrale (245 m s. l. m.) è pari a 101.1 cm, poco inferiore ai 112.6 cm di Lavagnina Lago (356 m s. l. m.). La nevosità negli ultimi 30 anni è calata di quasi un terzo (-32%) rispetto al trentennio precedente: se nel periodo 1961-90 cadevano mediamente 115.3 cm, tra il 1991 ed il 2020 sono attesi solo più 77.9 cm. La diminuzione della nevosità è paragonabile a quanto avvenuto al Lago Inferiore (-31%) e ad Ovada (-30%).
Andamento dei totali di neve fresca (calcolati come incremento del manto nevoso) nell’anno idrologico (periodo ottobre-settembre che racchiude la stagione invernale padana) dal 1938 al 2001 a Lavagnina Centrale (Casaleggio Boiro, AL, 245 m). La linea tratteggiata nera indica la media dell’intero periodo analizzato (104.3 cm), la linea rossa sottile indica la tendenza, mentre la linea rossa più spessa rappresenta la media mobile sui 5 anni. L’inverno più nevoso in assoluto è stato il 1985/86 con 289 cm, mentre il più avaro di neve corrisponde al 1989/90 con 0 cm.
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Stazione meteorologica automatica ARPA Piemonte e serie nivometrica delle Capanne di Marcarolo (780 m s. l. m.)
All’interno di un campetto meteorologico delimitato da una staccionata in legno si trovano gli strumenti automatici dell’ARPA Piemonte alle Capanne di Marcarolo nel comune di Bosio a 780 m s. l. m.: tra gli altri è presente un nivometro ad ultrasuoni per la misura dell’andamento del manto nevoso.
I dati considerati provengono da una stazione automatica dell’ARPA Piemonte installata nel 1989 alle Capanne di Marcarolo nel comune di Bosio a 780 m di quota: ci troviamo lungo lo spartiacque tra le valli del Piota e del Gorzente nel cuore del Parco Regionale delle Capanne di Marcarolo sull’Appennino Alessandrino a confine con il Genovesato e ad appena 15 km dal mare. La centralina è composta da tre sensori: un termoigrometro, un pluviometro ed un nivometro ad ultrasuoni attivo dal 1990 i cui dati verranno analizzati di seguito. Allo stesso modo degli osservatori di Lavagnina, il dato della neve fresca giornaliera è calcolato come incremento del manto nevoso ed ottenuto attraverso la differenza tra il valore dello spessore della neve al suolo rilevato ogni 24 ore. Considerando la quota e le frequenti ed abbondanti nevicate che interessano questa zona durante la stagione invernale, i dati ottenuti risentono di una sottostima e non vanno perciò considerati come la reale altezza della neve fresca caduta.
Durante il recente trentennio 1991-2020 cadono mediamente 141.7 cm di neve così suddivisi: 41.2 cm a gennaio, 37.9 cm a febbraio, 29.6 cm a dicembre, 19.9 cm a marzo, 9.3 cm a novembre, 2.4 cm ad aprile, 0.5 cm a maggio e 0.1 cm ad ottobre. L’inverno più nevoso è rappresentato dal 2012/13 con 360 cm, mentre il mese con più neve è il marzo 2013 (135 cm).
Ecco alcuni record fatti registrare in questi ultimi trent’anni:
- Nevicata più abbondante: 76 cm (2-5 gennaio 2008)
- Maggior spessore del manto nevoso al suolo: 125 cm (2-3 febbraio 1996)
- Maggior durata del manto nevoso al suolo: 108 giorni (2012/13)
- Nevicata più precoce con accumulo: 31 ottobre 2012 (3 cm)
- Nevicata più tardiva con accumulo: 5 maggio 2019 (14 cm)
Andamento dei totali di neve fresca (calcolati come incremento del manto nevoso) nell’anno idrologico (periodo ottobre-settembre che racchiude la stagione invernale padana) dal 1991 al 2020 alle Capanne di Marcarolo (Bosio, AL, 780 m). La linea tratteggiata nera indica la media dell’intero periodo analizzato (141.7 cm), la linea rossa sottile indica la tendenza, mentre la linea rossa più spessa rappresenta la media mobile sui 3 anni. L’inverno più nevoso in assoluto è stato il 2012/13 con 360 cm, mentre il più avaro di neve corrisponde al 2006/07 con 27 cm.
Confronto tra le medie decennali degli ultimi 30 anni di Ovada (186 m), Lavagnina Lago (356 m) e Capanne di Marcarolo (780 m): ben visibile il minimo degli anni ’90, ma netto è l’aumento della nevosità nel periodo 2001-10, specialmente in pianura ad Ovada. Nell’ultimo decennio si registra un nuovo calo a bassa quota, mentre ai 780 m delle Capanne di Marcarolo la media è ulteriormente aumentata fino a 170.7 cm. Tra il 2011 ed il 2020 infatti, solo in un’occasione il totale annuo è stato inferiore al metro, mentre era capitato per ben 6 volte negli anni ’90 e 3 volte nei ’00.
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CONCLUSIONI
L’analisi di queste serie nivometriche conferma come l’Ovadese a bassa quota (tra 150 e 350 m) sia la zona più nevosa d’Italia: nella valle del Gorzente la neve mediamente attesa ogni anno raggiunge il metro a 245 m (Lavagnina Centrale) ed è paragonabile alla quantità che cade a Cuneo (550 m). Considerando la media secolare 1921-2020 sono attesi 80.6 cm ad Ovada (186 m), 101.1 cm a Lavagnina Centrale (245 m) e 112.6 cm a Lavagnina Lago (356 m).
Tabella riassuntiva con le medie nivometriche principali delle serie analizzate in questo studio: la neve attesa mediamente ogni anno nell’ultimo secolo raggiunge il metro ad appena 245 m di quota nella valle del Gorzente. Evidente inoltre il calo della nevosità (tra il -30 e -32%) a bassa quota tra il trentennio 1961-90 ed il 1991-20.
Dati raccolti ed elaborati da Paolo M. Faggella
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