In questo articolo vogliamo portarvi alla scoperta di un evento d’altri tempi, avvenuto nel lontano febbraio 1888: si tratta di un episodio che trova spazio in numerose cronache d’epoca ed è probabilmente ancora oggi tramandato oralmente dai più anziani abitanti di quelle borgate alpine coinvolte, i cui nonni sono rimasti isolati per settimane e hanno dovuto far fronte alla mancanza di cibo ed acqua combattendo in alcuni casi per la vita. Infatti 133 anni fa le Alpi ed il Nord-Ovest venivano coinvolti da un evento di entità storica, caratterizzato da nevicate straordinarie accompagnate da un numero eccezionale di valanghe che hanno portato distruzione in molte località alpine anche a bassa quota e sono state causa di oltre 300 vittime.
Dopo un inverno avaro di precipitazioni si aprì un periodo dominato dal maltempo con nevicate eccezionali che coinvolsero tra il 14 ed il 28 febbraio 1888 tutte le Alpi italiane e le pianure del Nord-Ovest. Furono due settimane caratterizzate da neve quasi continua sulle zone montuose, che invece si alternò alla pioggia sulle pianure. L’episodio per intensità, durata, estensione dei territori coinvolti e danni arrecati, sia in termini economici che di perdite umane, può essere considerato come uno dei più intensi eventi meteorologici degli ultimi due secoli sulle Alpi. Nel grande episodio accorso tra la 2° e la 3° decade del febbraio 1888 si possono individuare tre fasi principali: la prima, tra il 14 ed il 18 febbraio, in cui vennero coinvolte maggiormente la catena alpina e le regioni di nord-est, mentre rimasero più all’asciutto le pianure di nord-ovest, a causa di una depressione posizionata sul centro-nord Italia; la seconda, tra il 19 ed il 21 febbraio, in cui venne interessato soprattutto il nord-ovest con nevicate diffuse anche sulle pianure, grazie ad una bassa pressione tra le Baleari ed il Golfo del Leone; la terza, tra il 24 ed il 28 febbraio, caratterizzata da intense correnti di scirocco responsabili di nevicate abbondanti su tutto l’arco alpino e sui settori pedemontani del Nord-Ovest e di precipitazioni più deboli sulle pianure centrali.
Nel recupero dei dati relativi alla neve caduta in questo evento si è cercato di fare sempre distinzione tra le altezze relative alla somma della neve fresca giornaliera (HN) e i massimi spessori del manto nevoso (HS), nonostante raramente all’epoca venisse specificato il metodo di misura: specialmente a bassa quota infatti, in un evento del genere caratterizzato da temperature intorno allo zero con frequenti trasformazioni della neve in pioggia e viceversa, le differenze sorte dopo due settimane tra neve fresca caduta ed altezza del manto sono state molto elevate. I dati di seguito considerati provengono in parte dal Bullettino Mensuale, periodico a carattere meteorologico pubblicato sul finire dell’Ottocento dalla Società Meteorologica Italiana, ed in parte da alcuni articoli di Padre Francesco Denza (fondatore e presidente della SMI) apparsi su bollettini d’epoca recuperati e pubblicati in seguito da Elvise Fontana (Commissione Scientifica CAI di Varallo).
Le nevicate più copiose si concentrarono tra gli 800 ed i 1500 m dove il manto nevoso arrivò a toccare in maniera diffusa spessori compresi tra 2 e 4 metri di neve con punte fino a 4 metri e mezzo nel Cuneese sulle Alpi Liguri (450 cm a Frabosa Soprana) e tra Biellese e Verbano-Cusio-Ossola su Alpi Pennine (455 cm a Bielmonte) e Lepontine (480 cm a Campello Monti); meno intense le nevicate sui settori di confine (da 1.5 a 3 metri). Abbondante la neve sulle pianure occidentali del Piemonte (neve fresca = 161.5 cm a Saluzzo, 154 cm a Bra, 144 cm a Ciriè e 114 cm a Torino), mentre gli apporti furono notevolmente più ridotti sul Piemonte centro-orientale (neve fresca = 28 cm a Novara, 36.5 cm a Vercelli, 41.5 cm ad Alessandria e 46.5 cm ad Asti). Periodo storico per l’abbondanza di nevicate e senza alcun precedente noto a bassa quota tra il fondovalle ossolano e la zona dei laghi Maggiore e di Lugano: 408 cm a Domodossola (VB, 281 m), 213 cm a Pallanza (Verbania, 200 m) e 187 cm a Lugano (275 m). Il dato di Domodossola può apparire esagerato se confrontato con quanto misurato a quote più elevate, tuttavia va tenuto conto che qui, come a Lugano e Pallanza, i valori fanno riferimento alla somma delle altezze della neve fresca giornaliera (HN) e non allo spessore massimo raggiunto dal manto nevoso (HS). Sul Bullettino Mensuale vengono riportati anche dati relativi alle località di Levo (600 m, Stresa) con 173 cm e Cannobio (VB, 214 m) con 80 cm: in tal caso le altezze rappresentano probabilmente lo spessore massimo raggiunto dal manto nevoso. Una ulteriore conferma delle altezze toccate dalla neve al suolo lungo i laghi, ci giunge da un misura effettuata ad Argegno (210 m), località sulle rive del Lago di Como, dove lo spessore della neve superò i 70 cm: è dunque probabile che anche a Pallanza e Lugano l’altezza del manto nevoso raggiunse 80/90 cm.
Pagina con le osservazioni meteorologiche effettuate a Lugano (Ticino, 275 m s. l. m.) durante il febbraio 1888 (fonte: MeteoSvizzera): nel riquadro rosso in basso vengono evidenziati i dati relativi alla misurazione della neve fresca. Da quanto scritto si può dedurre che il rilevamento della neve caduta avvenisse di norma in 3 diverse occasioni durante il giorno: alle ore 7, alle 13 ed alle 21; per ottenere il dato giornaliero di neve fresca vanno sommate le varie misurazioni. Ne consegue che siano caduti ben 187 cm tra il 15 ed il 26 febbraio 1888, di cui 43 cm solo nella giornata del 20/2/1888. Nelle annotazioni relative alle meteore osservate (colonna a sinistra) si può notare come la neve (indicata con un fiocco) sia stata più volte alternata alla pioggia (indicata con un pallino nero pieno), ne consegue che lo spessore massimo raggiunto dalla neve al suolo sia stato di gran lunga inferiore rispetto al totale di neve fresca cumulata.
Dopo una fase iniziale tra il 14 ed il 18 febbraio con le prime nevicate sulle Alpi, già abbondanti al Nord-Est, e fenomeni più sporadici sulle pianure del Nord-Ovest, tra il 19 ed il 21 febbraio 1888, vengono coinvolte maggiormente le regioni nord-occidentali: la causa va ricercata in una ciclogenesi sul Mediterraneo Occidentale che attiva umide correnti meridionali responsabili di precipitazioni abbondanti che risultano nevose fino a bassa quota grazie al freddo entrato in precedenza in Pianura Padana. Nei tre giorni cadono 80 cm a Lugano (273 m), mentre solo tra il 19 ed il 20 febbraio si accumulano 144 cm a Domodossola (VB, 281 m), di cui 84 il 20. Il 20 febbraio vengono anche misurati 58 cm a Bra (CN, 290 m) sulla pianura cuneese: in questa località si tratta della giornata più nevosa di tutta la serie a febbraio (1863-2020) ed è il 2° accumulo più elevato in 24 ore dopo l’episodio del 24/11/1895. Meno intensa la nevicata a Torino (circa 20 cm) e sulle pianure centro-orientali del Piemonte (29 cm ad Asti).
Animazione delle carte dei geopotenziali a 500 hPa (scala di colori in basso) e della pressione al livello del mare (isobare bianche) tra il 19 ed il 22 febbraio 1888: ben visibile la discesa dal Centro-Nord Europa verso il Mediterraneo Occidentale di un nocciolo d’aria fredda in quota annesso ad una profonda bassa pressione al suolo (985/990 hPa) in spostamento dalle Isole Baleari al Golfo del Leone. Umide correnti meridionali foriere di precipitazioni interessano soprattutto il Nord-Ovest italiano portando nevicate diffuse fino in pianura sul Piemonte.
Dopo una pausa precipitativa tra il 22 ed il 23 febbraio, a partire dal 24 nuove intense nevicate interessano tutti settori alpini e specialmente le regioni di Nord-Ovest a causa di un prolungato episodio di sbarramento orografico delle correnti da sud-est ad opera delle Alpi piemontesi. Si misurano 60 cm a Lugano tra il 24 ed il 26 febbraio, 156 cm a Domodossola tra il 25 ed il 26, di cui 88 cm solo nella giornata del 25 che risulta così essere la più nevosa in assoluto della serie 1883-2020. Abbondante in questa occasione la nevicata a Torino dove cadono 82 cm tra il 25 ed il 28 febbraio, 43 cm solo nella giornata del 27 in cui il manto nevoso raggiunge 65 cm in città. Davvero marcata la differenza rispetto alle pianure centro-orientali del Piemonte dove l’evento nevoso produce apporti notevolmente più ridotti: si misurano appena 16 cm ad Asti.
Animazione delle carte dei geopotenziali a 500 hPa (scala di colori in basso) e della pressione al livello del mare (isobare bianche) tra il 24 ed il 28 febbraio 1888: un’area depressionaria in quota in discesa sul Golfo di Biscaglia si isola sul Mediterraneo Occidentale ed attiva nei bassi strati intense correnti sciroccali responsabili di abbondanti precipitazioni sull’arco alpino, specialmente su quei settori delle medio-basse valli del Nord-Ovest maggiormente esposti al flusso da sud-est; ai margini delle precipitazioni pianure e colline del Piemonte centro-orientale.
Di seguito sono stati raccolti gli accumuli di neve misurati in diverse località del Nord-Ovest nel febbraio 1888: i dati fanno principalmente riferimento alle massime altezze del manto nevoso (HS) raggiunte a fine mese alla conclusione della fase perturbata, tuttavia laddove il valore rappresenta la somma delle altezze della neve fresca caduta a livello giornaliero (HN) (spesso misurata nelle località di bassa quota), esso viene specificato ed indicato con un asterisco. Va precisato che nelle località di medio-bassa montagna l’inverno era stato molto clemente fino all’inizio dell’evento perturbato e, a causa di un mese di gennaio e di una prima metà di febbraio avari di precipitazioni, non era presente al suolo un manto preesistente, se non in maniera esigua localmente. I dati di seguito riportati perciò fanno riferimento al solo evento accorso tra il 14 ed il 28 febbraio 1888.
BIELLESE
- Bielmonte (1510 m): 455 cm
- Oropa (1159 m): 325 cm (Denza; 424.5 cm Bullettino Mensuale)
- Piedicavallo (Valle Cervo, 1050 m): 300 cm
- Graglia (Santuario, 814 m): 210 cm
- Camandona (792 m): 170 cm
- Biella (420 m): 52 cm
Nel Biellese cadono 50 cm sulle pedemontane a 400 m, 2 metri a 800 m, 3 metri a 1000 m e 4 metri e mezzo a 1500 m. In relazione a quanto misurato a quote collinari ed in altre località a bassa quota tra Torinese ed Alto Piemonte può apparire basso il dato della città di Biella (52 cm), tuttavia confermato da un’altra misurazione effettuata nel quartiere Piazzo (44.5 cm): ciò fa pensare che, nonostante le precipitazioni abbondanti (221.2 mm a Biella nel febbraio 1888), le temperature spesso sopra lo zero e la frequente alternanza della neve con la pioggia a questa quota abbiano contribuito ad assestare notevolmente il manto nevoso. Al Santuario di Oropa (1159 m), dove dal 1874 era in funzione un osservatorio meteorologico, vengono misurati 325 cm secondo quanto riporta Denza. Tuttavia il valore non coincide con ciò che si può leggere sul Bullettino Mensuale, dove viene trascritto un totale di 424.5 cm nel mese di febbraio 1888 al Santuario. E’ possibile che quest’ultimo dato possa riferirsi alla neve fresca (HN), mentre il primo all’altezza massima del manto nevoso a fine evento (HS), oppure si tratta più semplicemente di un’errata trascrizione in uno dei due casi.
Si lamentano 4 vittime a causa delle valanghe che furono responsabili del crollo o del danneggiamento di una ventina di edifici: furono quasi distrutte le chiese di Bulliana (750 m) e Botto (650 m), due frazioni di Trivero.
Storico documento fotografico con una veduta del Santuario di Oropa (1159 m) sul finire del febbraio 1888 sommerso da oltre 3 metri di neve dopo le nevicate eccezionali che avevano caratterizzato le due settimane precedenti.
CUNEESE
- Frabosa Soprana, Fontane (Val Corsaglia, 957 m): 450 cm
- Entracque (Valle Gesso, 894 m): 432 cm
- Crissolo (Valle Po, 1318 m): 371 cm
- Valdieri (Valle Stura, 774 m): 276 cm
- Borso San Dalmazzo (645 m): 220 cm* (* = HN)
- Boves (590 m): 212.5 cm* (* = HN)
- Dronero (622 m): 200 cm* (* = HN)
- Sampeyre (Val Varaita, 998 m): 180 cm
- Saluzzo (395 m): 161.5 cm* (* = HN)
- Venasca (Val Varaita, 550 m): 160 cm* (* = HN?)
- Bra (290 m): 154 cm* (* = HN)
- Cuneo (550 m): 154 cm* (* = HN)
- Fossano (375 m): 134.5 cm* (* = HN)
- Carrù (365 m): 129 cm* (* = HN)
A Bra si tratta del mese più nevoso in assoluto dall’inizio della serie nel 1863 e allo stesso modo anche l’inverno 1887/88 risulta il più nevoso con 204 cm in totale. Eccezionali gli spessori del manto nevoso di oltre 4 metri raggiunti a fine nevicata intorno ai 900/1000 m tra Valle Gesso e Valle Corsaglia. Ecco una corrispondenza a di un osservatore a Frabosa Soprana in frazione Fontane (CN, Val Corsaglia – 957 m) inviata alla Società Meteorologica Italiana a Torino ed apparsa sul Bullettino Mensuale: “l’abbondanza della neve caduta in questi giorni, la quale in media raggiunse l’altezza di 4.50 metri, produsse in questi luoghi spaventevoli valanghe, delle quali una travolse quattro ragazzi, che furono salvati dopo un’ora di lavoro da un centinaio di uomini”. Quest’altra testimonianza giunge invece da Demonte: “malgrado le abbondanti nevicate, non si ebbero che a lamentare due valanghe presso Maiola, interrotte le comunicazioni, nessuna disgrazia”.
Nonostante alcune valanghe non si lamentarono gravi danni nè vittime nelle valli del Cuneese.
TORINESE
- Prali (Val Germanasca, 1455 m): 350 cm
- Noasca (Valle Orco, 1065 m): 330 cm
- Balme (Val d’Ala, 1432 m): 316 cm
- Usseglio (Valle di Viù, 1265 m): 300 cm
- Sacra di San Michele (Val Susa, 962 m): 282.5 cm
- Moncenisio (Val Susa, 2083 m): 325 cm
- Frassinetto (Valle Soana, 1050 m): 245 cm
- Coassolo Torinese (Valli di Lanzo, 742 m): 239 cm
- Chiusa San Michele, Bennale (Val Susa, 934 m): 235 cm
- Fenestrelle (Val Chisone, 1145 m): 225 cm
- Novalesa ed Exilles (Val Susa, 828 e 870 m): 210 cm
- Viù (Valle di Viù, 765 m): 200 cm
- Chiomonte (Val Susa, 750 m): 188 cm
- Balangero (440 m): 170 cm* (* = HN?)
- Lanzo (525 m): 155 cm
- Cesana Torinese (Val Susa, 1344 m): 150 cm
- Ciriè-San Francesco al Campo (327 m): 144 cm* (* = HN)
- Ceresole Reale (Valle Orco, 1620 m): 120 cm
- Torino (250 m): 65 cm (HN = 114 cm)
- Susa (Val Susa, 503 m): 107 cm
- Bardonecchia (Val Susa, 1312 m): 85 cm
- Chieri (283 m): 48 cm
Gli accumuli più elevati si sono misurati sulle medio-basse valli maggiormente esposte al flusso sciroccale durante l’evento del 24-28 febbraio: tra i dati più notevoli in relazione alla quota troviamo i 330 cm di Noasca a 1065 m in Valle Orco e i 282.5 cm rilevati alla Sacra di San Michele a 962 m all’imbocco della Val Susa.
Si contarono 111 vittime: in particolare la situazione più funesta fu nelle valli del Canavese dove si registrarono 77 decessi, mentre altrove perirono 17 persone nelle valli di Lanzo, 9 nel Pinerolese e 8 in Val Susa. La valanga più grave scese intorno alle ore 9 del 27 febbraio in Val Soana, nel comune di Valprato, sulla frazione Chiappetto: furono distrutte sette abitazioni e seppellite 38 persone, delle quali solo 7 furono salvate.
VALSESIA
- Varallo Sesia (450 m): 248 cm (HN o HS?)
I dati relativi alla neve caduta in questa zona scarseggiano, ma attraverso le cronache locali e gli spessori misurati nelle valli limitrofe tra Biellese, Ossola e Cusio si possono ipotizzare accumuli molto elevati in loco, con 3/4 metri fino a quote medio-basse (800/1000 m). Non è da escludere che il dato di Varallo Sesia possa fare riferimento all’altezza del manto nevoso nonostante la quota relativamente bassa della località, tuttavia non abbiamo ulteriori riscontri che possano confermarlo.
Sono molte le cronache in valle per la devastazione provocata dalle numerose valanghe. A Rima fu sfiorata la tragedia il 26 febbraio quando un enorme slavina si rovesciò nella piazza principale del paese alzandosi ad una decina di metri rispetto al piano stradale e bloccò l’uscita dalla chiesa proprio nel momento in cui si svolgeva la messa. Ci furono scene di panico che lo stesso sacerdote riuscì a placare. La fontana del paese rimase sepolta sotto l’accumulo fino al 28 febbraio quando scavando si riuscì a fa fuoriuscire uno zampillo d’acqua, unica fonte all’epoca per gli usi domestici.
VERBANO-CUSIO-OSSOLA
- Campello Monti (Valle Strona, 1305 m): 480 cm
- Domodossola (Val d’Ossola, 281 m): 408 cm* (*= HN)
- Pestarena, Macugnaga (Valle Anzasca, 1035 m): 400 cm
- Gurro (Val Cannobina, 810 m): 374 cm
- Passo del Sempione (2005 m): 318 cm
- Mottarone (1492 m): 340 cm
- Pallanza (Verbania, 200 m): 213 cm* (* = HN)
- Varzo (Val d’Ossola, 568 m): 200 cm
- Levo, Stresa (600 m): 173 cm
- Cannobio (Lago Maggiore, 214 m): 80 cm
I 4.8 metri di Campello Monti a 1305 m in Valstrona rappresentano il dato più elevato noto per l’evento. Tra gli altri appare eccezionale lo spessore del manto a Gurro in Val Cannobina dove, ad appena 810 m di quota, si misura un’altezza pari a 3.74 m.
Eccezionale innevamento a Santa Maria Maggiore, paese a 816 m s. l. m. in Valle Vigezzo: nelle foto è possibile stimare altezze del manto nevoso pari a circa 250/300 cm (fonte foto: Nimbus n°72).
Il dato di 408 cm del fondovalle ossolano, come specificato in precedenza, differisce dagli altri valori perchè corrisponde alle somme delle altezze della neve fresca misurate ogni 24 ore (HN). Tenendo conto del valore di Varzo (2 metri a 568 m) si può ipotizzare che lo spessore del manto nevoso (HS) a Domodossola (281 m) abbia raggiunto o superato i 150 cm.
Foto d’epoca ripresa nel febbraio 1888 per le vie di Domodossola sommersa da circa 1 metro e mezzo di neve (fonte foto: Nimbus n°72).
Si contarono 21 morti e 225 edifici danneggiati a causa delle valanghe: la più grave verso le ore 20 del 26 febbraio coinvolse Bugliaga, una frazione di Trasquera (Val Divedro), che travolse 34 tra case e cascinali insieme a 10 persone, 6 delle quali morirono.
ALESSANDRINO, ASTIGIANO, VERCELLESE E NOVARESE DI PIANURA
- Novi Ligure (197 m): 85 cm* (* = HN)
- Cassine (190 m): 64 cm* (* = HN)
- Asti: 46.5 cm* (* = HN)
- Alessandria: 41.5 cm* (* = HN)
- Vercelli: 36.5 cm* (* = HN)
- Novara: 28 cm* (* = HN)
Sul Piemonte centro-orientale le nevicate furono molto meno abbondanti rispetto alle altre zone di pianura del Nord-Ovest: le precipitazioni furono minori tra Astigiano ed Alessandrino (59 mm ad Asti e 54.6 mm ad Alessandria in tutto il mese) a causa delle tese correnti sciroccali sfavorevoli nell’evento del 24-28 febbraio. Gran parte dell’accumulo rilevato nel mese si concentrò infatti nella prima fase, dal 19 al 21 febbraio, in cui i venti da ostro permisero nevicate più consistenti (20-40 cm) su questi settori di pianura. Nonostante le precipitazioni maggiori sulle pianure dell’Alto Piemonte (114.4 mm a Vercelli e 176.5 mm a Novara in tutto il mese) gli accumuli di neve fresca furono qui ancora inferiori rispetto alle zone tra Asti ed Alessandria. Ciò è dovuto al fatto che Vercelli e Novara, maggiormente esposte al flusso da sud-est nell’evento del 24-28 febbraio, hanno effettivamente beneficiato di precipitazioni abbondanti, ma queste si sono presentate quasi completamente sotto forma liquida a causa dei miti venti sciroccali, responsabili dell’innalzamento delle temperature sopra lo zero in queste zone rispetto alle pedemontane e ai fondovalle alpini, posti poche decine di chilometri verso nord e verso ovest, dove la maggior tenuta del “cuscinetto freddo” ha permesso nevicate più copiose e durature (in tutto il mese 157.5 mm e 114 cm di neve a Torino, 268 mm e 408 cm a Domodossola).
VALLE D’AOSTA
- Gressoney (St. Jean, 1385 m o La Trinitè, 1635 m?): 345 cm
- Cogne (1544 m): 320 cm
- Piccolo San Bernardo (2188 m): 200 cm
- Bard (400 m): 190 cm
- Valsavarenche (1541 m): 150 cm
- Gran San Bernando (2469 m): 136 cm
- Aosta (550 m): 35 cm
La Valle d’Aosta centro-occidentale fu meno coinvolta rispetto ai settori più orientali e alla valle di Cogne: caddero appena 35 cm ad Aosta e gli accumuli in quota non superarono i 2 metri. Le nevicate furono più abbondanti nelle valli orientali a confine con il Piemonte e nella zona del Gran Paradiso essendo settori maggiormente esposti al flusso sciroccale protagonista nell’evento del 24-28 febbraio. Storica la nevicata in bassa valle: il dato di 190 cm di Bard a 400 m è il più elevato noto per questo tratto di fondovalle e non è mai più stato superato da allora (nel dicembre 1933 nella vicina Verrès il manto arrivò a toccare 110 cm). Denza parla di spessori della neve fino a 4 metri sulle alture di Saint Vincent (probabilmente in alcune frazioni nei pressi del Col De Joux intorno a 1500 m) e 3.45 m a Gressoney senza specificare però se si tratti della località di St. Jean o di La Trinitè.
In tutta la regione si contano 34 vittime a causa delle numerose valanghe, ecco due testimonianze riportate sul Bullettino Mensuale: da Cogne scrviono: “per la grande quantità di neve, e per le grosse valanghe lungo tutta la vallata, vennero trasportate molte case, altre sepolte assieme a cinque persone e molto bestiame” e ancora da Bard: “il villaggio di Aviel nel comune di Arnaz fu distrutto il 27 da una valanga di neve che seppellì 14 persone, delle quali 3 furono salvate, 8 morte e 3 non ancora trovate. Altra valanga distrusse pure un mulino e seppellì una donna”.
Analisi a cura di Paolo Faggella
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