NOTA BENE: scorrere al fondo dell’articolo per i paragrafi sulla formazione della grandine e sul funzionamento e l’inefficacia dei cannoni antigrandine.
In questo articolo tratteremo la supercella che in data 27 giugno 2017 ha interessato la nostra provincia, con grandine di grandi dimensioni e notevole tempesta di fulmini.
Durante l’ultima settimana del mese di giugno 2017 nel contesto europeo si osserva un brusco stop all’estate, grazie a un notevole affondo di aria perturbata atlantica; i contrasti termici risultano netti, grazie alla massa d’aria calda e umida presente in pianura, la cui formazione è favorita da oltre tre settimane di dominio dell’anticiclone africano. Il caldo si rivela opprimente, con tassi di umidità elevati, dunque in atmosfera è presente una notevole quantità di energia, pronta ad essere sfruttata per violenti temporali. Manca solo l’innesco, che in questo caso è rappresentato proprio da tale affondo perturbato. Il mese di giugno 2017 chiuderà come il secondo più caldo dopo il giugno 2003: se siete interessati ad un approfondimento sull’andamento termico di giugno 2017, vi lasciamo ad un nostro articolo, che trovate CLICCANDO QUI. L’immagine soprastante mostra la rianalisi della situazione barica prevista per il 27 giugno 2017: la giornata, dopo i temporali del pomeriggio precedente, trascorre tranquilla fino a sera, quando rovesci e temporali prendono avvio fra pianura cuneese, torinese e settori occidentali della nostra provincia.
I nuclei più intensi colpiscono proprio Torino e i centri circostanti, con nubifragi e grandine di medie dimensioni; si segnalano allagamenti dovuti alla notevole quantità di acqua caduta in poco tempo a Moncalieri e nel quartiere Mirafiori. Tuttavia è il vento a causare la maggior parte dei danni, specie fra i centri di La Loggia e Piobesi; in questa foto ci troviamo a La Loggia subito dopo il passaggio del temporale (fonte CMT):
Un’altra foto realizzata sempre a La Loggia la mattina successiva: gli edifici danneggiati dal forte vento sono numerosi!
Osservando l’animazione radar proposta di seguito è già possibile distinguere il primo nucleo della futura supercella che colpirà la nostra provincia. Una caratteristica delle supercelle è deviare nel suo percorso con un angolo di 45 gradi rispetto alla direzione principale della corrente dominante: la direzione dei temporali presenti sul torinese è da sud verso nord, mentre la supercella che colpirà i settori nord-occidentali dell’Astigiano devia e presenta una traiettoria sud-ovest nord-est:
Una volta varcato il confine tra la provincia di Asti e Torino è evidente la natura supercellulare del temporale; è soprattutto la grandine a creare disagi, con chicchi di dimensioni notevoli, fino a 7 cm di diametro! Un altro aspetto che ci aiuta a comprendere la reale intensità del temporale è proprio l’orario inusuale in cui esso si è sviluppato e alla quale si è registrata tale grandinata, ovvero in piena notte! Di seguito proponiamo alcune foto inviateci dai nostri fans sui nostri social.
Ecco la dimensioni dei chicchi a Camerano (foto di Roberta Bertone):
Anche a Montechiaro le dimensioni sono notevoli (foto: Marcello Zedda):
E’ però dal paese di Frinco che ci arrivano le foto più stupefacenti; grazie al metro possiamo realmente comprendere le dimensioni dei chicchi (foto: Tiziano Toniolo):
La mattina successiva i danni, grazie alla luce, possono essere facilmente quantificati; sempre dall’abitato di Frinco (foto: Tiziano Toniolo):
Per quanto riguarda gli accumuli in provincia si registrano: 39.2 mm a Tonengo (Arpa), 31.6 mm a Castelnuovo Don Bosco (Agrometeo), 25.0 mm a Vezzolano (Agrometeo), 24.0 mm a Buttigliera (Arpa), 20.6 mm a Piovà Massaia (Amatoriale), 18.6 mm a Cocconato (Agrometeo), 11.2 mm a Moncalvo (Agrometeo). Come si può notare sono valori non eccessivamente elevati, probabilmente dovuti alla rapidità del temporale nel suo movimento. Per quanto riguarda il vento invece la raffica maggiore è registrata dalla stazione di Buttigliera, con 72.7 km/h.
Segue l’animazione radar completa, con l’intero percorso del temporale nella nostra provincia:
Mentre il temporale colpiva duramente i settori a nord di Asti, dal capoluogo era visibile un’incredibile tempesta di fulmini; di seguito proponiamo un nostro video con tutti i fulmini migliori immortalati:
Alleghiamo infine due splendidi scatti del temporale realizzati da Stefano Salvatore nei pressi di Castiglione Tinella: data la posizione ottimale è ben visibile l’intera struttura del temporale:
L’episodio grandinigeno, seppur di notevole intensità, non è una novità nei comuni più settentrionali dell’Astigiano al confine con Torinese ed Alessandrino. Questa zona è da sempre avvezza a temporali a supercella, che lì colpiscono con maggior frequenza rispetto ai settori meridionali della provincia ed al capoluogo astigiano. L’ultimo evento grandinigeno degno di nota si è avuto il 5 agosto 2012, quando l’area interessata dalla grandinata era stata maggiore (con accumuli al suolo localmente di una decina di centimetri) e con essa i danni ad infrastrutture e coltivazioni, anche se la grandezza dei chicchi non aveva raggiunto quella riportata in questo evento. Qui l’articolo dedicato a quell’episodio: 5-6 agosto 2012: supercelle e forte grandinata sul nord-ovest astigiano
Ora vediamo di fare un po’ di chiarezza sulla natura della grandine.
Come si genera?
Si tratta di una forma di precipitazione solida, che ha la sua genesi all’interno della nube temporalesca. Il chicco di grandine si svilupperà tramite il brinamento del vapore acqueo o il congelamento di goccioline sopraffuse ed avverrà su elementi che sono definiti “embrioni”: essi non sono altro che dei cristalli di ghiaccio (graupel) o delle goccioline congelate. Una volta che l’embrione è cresciuto in dimensioni, scenderà a quote inferiori nella nube e durante il suo percorso catturerà goccioline sopraffuse causandone un immediato ghiacciamento al contatto. Ecco che il chicco incomincia a prendere forma in questa fase definita come crescita secca. Poichè nel passaggio da acqua a ghiaccio si libera calore, questo verrà rilasciato dalle goccioline nel momento in cui si attaccano al cristallo embrionale. L’embrione quindi si riscalda e da questa fase in poi le goccioline sopraffuse ghiacciano solo parzialmente sull’embrione, mentre una parte di acqua viene ridistribuita nell’ambiente: è la crescita bagnata.
A questo punto, le forti correnti ascendenti (updrafts) e discendenti (downdrafts), che sono presenti all’interno della nube temporalesca, saranno responsabili di diverse salite e discese del chicco che così aumenterà la sua grandezza, continuando a catturare goccioline sopraffuse. Quando il chicco sarà abbastanza pesante, nella sua discesa riuscirà a vincere la corrente ascensionale che prima lo aveva riportato verso la sommità della nube e potrà giungere fino a suolo. I diversi cicli di salita e discesa possono essere visibili all’interno del chicco in strati di ghiaccio opaco biancastro alternati ad altri trasparenti: i primi si formano nella crescita secca quando le goccioline congelano rapidamente originando cristalli irregolari ed intrappolando bollicine d’aria responsabili dell’opacità del cristallo, i secondi durante la crescita bagnata dove la temperatura è maggiore ed il congelamento avviene più lentamente con la formazione di ghiaccio a cristalli regolari, che sarà trasparente.
Dalle foto che ci sono arrivate si può notare come alcuni chicchi abbiano una forma molto irregolare: come mai?
Chicchi di grandine dotati di lobi o punte sono segno di forti correnti ascensionali all’interno della nube: grandine del diametro di 6/7 cm come quella registrata a Frinco, indica velocità degli updrafts di oltre 100 km/h. La loro forma frastagliata è dovuta al fatto che le goccioline sopraffuse non fanno in tempo ad unirsi in gocce più grosse e perciò andranno a depositarsi in maniera irregolare su tutto il chicco, formando così delle punte.
Si può “misurare” la grandine?
Sì, esiste uno strumento molto semplice in grado di monitorare il comportamento della grandine al suolo e che ognuno può fabbricarsi da solo: è il grelimetro (foto sotto). Al Nord-Ovest non sono diffusi, ma in Friuli Venezia Giulia è presente una fitta rete di questi strumenti. Quanto segue è ciò che possiamo leggere a riguardo sul sito ARPA FVG:
La rete di pannelli rilevatori della grandine, attiva dal 1988, si estende su tutta la parte pianeggiante della regione dove sono stati collocati più di 300 “grelimetri”, ossia strumenti in grado di rilevare la grandine. Un grelimetro è costituito da un pannello di polistirolo espanso di circa 20×40 cm, esposto alle intemperie a un’altezza di circa un metro dal terreno: i chicchi di grandine, cadendo sui pannelli, lasciano la propria impronta, che può essere successivamente analizzata. Ogni stazione grelimetrica, attiva da aprile a settembre, è affidata a un rilevatore volontario, che si impegna gratuitamente a sostituire il pannello colpito dopo ogni grandinata e di indicare sul retro il luogo, la data, l’ora dell’avvenimento e la durata.
In questo modo, una volta raccolti tutti i pannelli colpiti, è possibile non solo studiare la “climatologia” della grandine (frequenza, zone con maggior rischio, …), ma anche, analizzando con appositi software le impronte lasciate sui pannelli, avere ulteriori informazioni come le dimensioni dei chicchi o la loro energia cinetica. La misura della grandine con il grelimetro è una misura puntuale e come tale si riferisce al solo punto di rilevamento. Estendere questo dato ad una superficie circostante può non essere sempre corretto anche adottando sofisticate tecniche di spazializzazione ed analisi statistica. A ciò si rimedia con il radar meteorologico, che integra e potenzia le informazioni della rete di pannelli grandine.
La Scala Torro
E’ stata introdotta nel 1986 dalla Tornado and Storm Research Organization (TORRO), un’organizzazione meteorologica inglese. Stima in 11 diversi gradi l’intensità di una grandinata, in base agli effetti visibili che provoca al suolo, perciò sarà più facile definire l’entità di una grandinata se questa avvenisse su aree con oggetti che possono mantenere evidenti i danni. E’ bene sottolineare come il danno causato da un grandinata non dipende solo dalle dimensioni e dal peso del chicco di grandine, da cui ne dipende la velocità di caduta, ma un ruolo importante lo gioca il vento: se infatti l’episodio grandinigeno è accompagnato da forti raffiche, queste imporranno una velocità maggiore, rispetto a quella acquisita normalmente dal chicco per effetto della gravità. Di conseguenza il vento che al suolo soffia orizzontalmente fa aumentare lo spazio percorso dai chicchi e la probabilità di colpire una pianta. Di seguito la scala estratta dal libro “Temporali e tornado”:
- H0 Chicchi della dimensione di un pisello, nessun danno.
- H1 Cadono le foglie e i petali vengono asportati dai fiori.
- H2 Foglie strappate, frutta e verdura in genere graffiata con piccoli fori.
- H3 Alcuni segni sui vetri delle case, lampioni danneggiati, legno degli alberi inciso. Vernice dei bordi delle finestre graffiata, piccoli segni sulla carrozzeria delle auto e piccoli buchi sulle tegole più leggere.
- H4 Vetri rotti di case e veicoli, pezzi di tegole cadute, vernice asportata dai muri e dai veicoli, carrozzeria leggera visibilmente danneggiata, piccoli rami tagliati, piccoli uccelli uccisi, suolo segnato.
- H5 Tetti danneggiati, tegole rotte, finestre divelte, lastre di vetro rotte, carrozzeria visibilmente danneggiata, lo stesso per la carrozzeria di aerei leggeri. Ferite mortali a piccoli animali. Danni ingenti ai tronchi degli alberi e ai lavori in legno.
- H6 Molti tetti danneggiati, tegole rotte, mattonelle non di cemento seriamente danneggiate. Metalli leggeri scalfiti o bucati, mattoni di pietra dura leggermente incisi e infissi di finestre di legno divelti.
- H7 Tutti i tipi di tetti, eccetto quelli in cemento, divelti o danneggiati. Coperture in metallo segnate come ance, mattini e pietre murali. Infissi divelti, carrozzerie di automobili e di aerei leggere irreparabilmente danneggiate.
- H8 Mattoni di cemento anche spaccati. Lastre di metallo irreparabilmente danneggiate. Pavimenti segnati. Aerei commerciali seriamente danneggiati. Piccoli alberi abbattuti. Rischio di seri danni alle persone.
- H9 Muri di cemento segnati. Tegole di cemento rotte. Le mura di legno delle case bucate. Grandi alberi spezzati e ferite mortali alle persone.
- H10 Case di legno distrutte. Case di mattoni seriamente danneggiate e ancora ferite mortali per le persone.
Qualora la grandinata avvenisse in aperta campagna si cerca di definire l’intensità del fenomeno in relazione alla dimensione del chicco e non più al danno, proprio per la mancanza di oggetti di riferimento. Viene adottata questa scala inversa dove si paragonano i chicchi a frutti o oggetti conosciuti:
- 5/10 mm – Piselli – H0/H2
- 11/15 mm – Fagioli, nocciole – H0/H3
- 16/20 mm – Piccoli chicchi d’uva, ciliegie e piccoli bilie – H1/H4
- 21/30 mm – Grossi chicchi d’uva, grosse bilie e noci – H2/H5
- 31/45 mm – Castagne, piccole uova, palla da golf, da ping-pong e da squash – H3/H6
- 46/60 mm – Uova di gallina, piccole pesche, piccole mele, palle da biliardo – H4/H7
- 61/80 mm – Grosse pesche, grosse mele, uova di struzzo, piccole e medie arance, palle da tennis, da cricket e da baseball – H5/H8
- 81/100 mm – Grosse arance, pompelmi e palle da softball – H6/H9
- 101/125 mm – Meloni – H7/10
- oltre i 125 mm – Noci di cocco e simili – H8/H10
Dalle foto che ci sono giunte sui danni causati dalla grandine, possiamo stimare in H3 della scala Torro l’intensità di episodio del 27 giugno, nonostante siano stati riportati chicchi delle dimensioni di 6/7 cm, a cui corrisponderebbe un’intensità di almeno H5 nella scala inversa. Tuttavia come abbiamo già accennato prima, il danno causato dal chicco dipende da più variabili; va anche tenuto conto che probabilmente chicchi di quel diametro sono stati radi e limitati ad una ristrettissima zona, più diffusamente avevano dimensioni di 3/4 cm.
Si può prevedere la grandine?
Sì, ma non si può dire con anticipo dove andrà a colpire di preciso e quale sarà la sua dimensione. Un temporale violento in grado di scaricare ingenti quantità d’acqua in breve tempo e magari accompagnato da forti raffiche di vento non per forza genererà grandine di grosse dimensioni. Si tratta in genere di un fenomeno molto localizzato, ma raramente può estendersi su una superficie anche vasta in grado di comprendere alcuni centri abitati. Gran parte dei temporali che avvengono in estate danno luogo a grandine, ma il più delle volte i chicchi sono molto piccoli e non creano alcun tipo di danno.
La grandine si può “prevedere” in tempo reale tramite dei radar o in prima persona, osservando cioè l’area sottostante la base di un temporale: se ci troviamo in lontananza e vediamo bande chiare biancastre in discesa dalla nube, allora esse sono segno di grandine in quella zona, mentre se ci troviamo prossimi all’area dei rovesci già al di sotto della cella temporalesca un colore verdastro può essere facilmente sinonimo di grandine in mezzo alle forti precipitazioni. Proponiamo una foto esplicativa di Stefano Salvatore di un temporale sulle Langhe il 23 luglio 2015, nella quale è ben visibile un rovescio di grandine localizzato in discesa dal cumulonembo, rappresentato dalle bande bianche:
Metodi di difesa contro la grandine: i cannoni ad onda d’urto e la loro inefficacia
I cannoni antigrandine sono stati inventati nel 1896 in Austria come strumento di difesa attivo, si sono diffusi rapidamente nei decenni successivi ed ancora oggi vengono utilizzati da molti agricoltori nelle nostre campagne. Chi ne fa uso è convinto che quando sono in azione siano in grado di evitare la caduta di grandine sull’area circostante impedendo ai chicchi di giungere al suolo o addirittura deviare il percorso dell’eventuale temporale in arrivo o ancora dissolvere lo stesso. Nulla di tutto ciò è possibile attraverso questi strumenti, ma cerchiamo ora di spiegare come funzionano.
Si tratta di enormi tubi metallici verticali, alti circa 10 metri e dal diametro crescente con l’altezza: alla loro base sono collegati ad una camera a combustione, che viene periodicamente riempita di gas come propano o acetilene, con una candela che ne provoca l’esplosione. Il gas viene fatto esplodere ad intervalli costanti variabili dai 10 ai 20 secondi tramite un timer elettronico. Il lungo cono rovesciato posto sopra funge da detonatore ed amplifica esponenzialmente lo scoppio, provocando una potente onda d’urto che, a detta dei costruttori, dovrebbe alterare i processi che portano alla formazione della grandine e distruggere eventualmente i chicchi già formati.
Tuttavia studi scientifici dimostrano che ciò non è possibile per un semplice motivo: i processi che danno origine alla grandine avvengono a quote molto elevate all’interno della nube, non più in basso dei 5000 m. L’onda sonica generata dal cannone non è in grado di arrivare a quella quota con la medesima potenza che ha a pochi metri dal suolo. Studi svolti da parte del Groupement Interdipartimental d’Etudes des Fléaux Atmosphériques di Valence (Francia) e misure eseguite presso l’Ecole Nationale Supérieure d’Arts et Métiers di Parigi hanno confermato che l’onda di pressione di una esplosione generata dal cannone vale, a 40 metri dallo stesso, circa 3/4 millibar, mentre cade a 1.5 millibar a 100 metri, a 0.13 millibar a 1.000 metri e a 0.033 millibar a 4.000 metri.
Per rendere comprensibili questi dati vi diciamo che una pressione come 0.33 millibar è quasi pari ad uno schiocco di dita, appare quindi chiaro che si tratta di valori del tutto insufficienti per influenzare i processi dinamici che si svolgono all’interno di una nube temporalesca. Peraltro un team di scienziati austriaci aveva dimostrato la totale inefficacia di questi strumenti già nel 1904 (appena 8 anni dopo la loro invenzione), ed è incredibile come ancora oggi, dopo 100 anni, siano diffusi in Italia anche se in maniera minore al passato, proprio perchè più volte si sono presentate violente grandinate in zone dove si trovavano cannoni e per questo il loro uso è stato interrotto.
Molti continuano ad usarli convinti della loro efficacia, perchè non subiscono episodi tali da compromettere parte del raccolto, ma se la grandine per diversi anni non interessa una zona dove sono installati è solamente per un caso, dato dall’estrema localizzazione con cui questa meteora colpisce di norma: infatti di certo non si presenta ad intervalli di tempo regolari in una stessa zona. Ci sono aree più soggette a grandinate rispetto ad altre e non esistono statistiche su questo fenomeno meteorologico; sarebbe interessante fare uno studio più a macrozone, cercando di individuare quali sono i comuni più a rischio e comportarsi di conseguenza. I metodi di difesa con questo inconveniente sono solo le assicurazioni e le reti antigrandine; il costo non è modico ma sarebbe molto meglio indirizzare i soldi verso queste scelte, piuttosto che sprecarli in strumenti che non servono a nulla se non a dar fastidio con il rumore derivante dai loro scoppi.
Paolo Faggella & Luca Leucci
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